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LA PARABOLA DI FINI, DA POSSIBILE LEADER DEL CENTRODESTRA A TROMBATO IN PARLAMENTO


FLI HA OTTENUTO UN IMBARAZZANTE 0,46%. L’USCITA DAL PDL E L’INCOERENZA GLI SONO COSTATI CARI

Come sta accadendo a tanti delfini che spiaggiano privi di vita sulle coste del Tirreno, così anche quello che fu di Giorgio Almirante spiaggia sulle rive del Parlamento, non riuscendovi ad entrare. Dopo circa 30 anni da parlamentare, Gianfranco Fini non viene eletto, dato che la sua neonata formazione politica mai cresciuta, Futuro e libertà, ha ottenuto un misero 0,46%; un quarto del minimo utile per entrare alla Camera. In realtà sarebbe bastato, per la regola del “miglior perdente” in coalizione, superare l’Udc, che pure ha fatto flop, visto che ha ottenuto giusto un 1,4% in più. Casini, altro ex cortigiano del Cavaliere, si è così salvato per il rotto della cuffia.
Tanti sono in realtà i trombati eccellenti di questo parlamento, tra chi non è stato eletto e chi si è dovuto fare da parte forzatamente; ma il caso di Gianfranco Fini fa effetto più degli altri, essendo Presidente della Camera uscente e il leader designato del centro-destra al posto di Berlusconi. E l’uscita dal Pdl, nonché le due mancate dimissioni da Presidente dopo l’uscita dalla maggioranza e lo scandalo della casa di Montecarlo, gli sono costati molto cari.

COME SI CONSOLERA’ – Di sicuro, non farà la fame. Considerato che Fini si appresta a compiere i 30 anni in Parlamento, questo vuol dire che riceverà un assegno vicino ai 270mila euro. Per quanto riguarda il vitalizio mensile, questo dovrebbe aggirarsi sui 6200 euro mensili. Gianfry, comunque, come ex presidente avrà diritto a un ufficio con alcuni collaboratori, senza ulteriori benefit.

I PRIMI PASSI NELLA DESTRA - Gianfranco Fini frequentò l'istituto magistrale "Laura Bassi". Inizialmente non era interessato alla politica, ma nel 1968, a sedici anni, si ritrovò coinvolto in alcuni scontri davanti ad un cinema dove un gruppo di militanti di sinistra stava contestando la proiezione di un film favorevole alla guerra del Vietnam, Berretti verdi. Questo episodio lo spinse ad iscriversi alla Giovane Italia, come racconterà molti anni dopo in un'intervista. Iniziò così la sua carriera politica, iscrivendosi nel 1969 alla Giovane Italia, l'associazione studentesca legata al Movimento Sociale Italiano. Tre anni dopo si trasferì con la famiglia a Roma e nel 1973 diviene dirigente della federazione provinciale romana del Fronte della Gioventù, da poco costituitosi. Nel 1974 entra in Direzione nazionale del FdG.

SOTTO L’ALA DI ALMIRANTE - Nel giugno 1977 divenne segretario nazionale del Fronte della Gioventù, per volontà del segretario missino Giorgio Almirante. Al congresso nazionale giovanile era arrivato quinto su sette eletti nella segreteria; fu Almirante, d'autorità, a sceglierlo, come prevedeva lo statuto, segretario. In quegli anni divenne anche collaboratore al quotidiano di partito Secolo d'Italia e diresse il quindicinale del FdG Dissenso. Allo stipendio da dirigente di partito preferì il tesserino da giornalista professionista.
Nel 1983 viene eletto per la prima volta alla Camera dei deputati. Rieletto nel 1987, nel settembre dello stesso anno alla festa del partito a Mirabello, Almirante lo candidò pubblicamente come suo successore alla segreteria del partito.

SEGRETARIO DELL’MSI - Gianfranco Fini sconfigge nel congresso di Sorrento del dicembre 1987 l'ala di sinistra e movimentista dell'allora MSI, di Pino Rauti e Beppe Niccolai, e viene eletto segretario del partito. Il 22 maggio 1988 viene a mancare Giorgio Almirante.
Rimane alla segreteria nazionale del MSI, fino al gennaio 1990 quando al successivo congresso di Rimini viene eletto Rauti, che l'anno successivo subì una forte sconfitta elettorale alle amministrative e alle regionali in Sicilia. Il Comitato centrale riporta Fini segretario a partire dal luglio del 1991, e là resterà fino allo scioglimento del MSI avvenuto nel gennaio 1995, con la svolta di Fiuggi: in questa occasione diviene Presidente di Alleanza Nazionale (AN), frutto di un'iniziativa di Tatarella e Urso nata nel 1993.
Nel frattempo, Fini matura una certa esperienza amministrativa, divenendo consigliere comunale nei comuni di Aprilia (dal giugno al settembre 1991), Brescia (dal dicembre 1991 al maggio 1992) e Reggio Calabria (dal febbraio all'ottobre 1993). Nell'autunno del 1993, Fini decide di correre per la carica di sindaco di Roma, arrivando al ballottaggio contro Francesco Rutelli. Per la prima volta un esponente del MSI riceve un largo supporto. L'imprenditore Silvio Berlusconi, non ancora attivo protagonista della politica italiana, a Casalecchio di Reno affermò in quella occasione la propria scelta elettorale, asserendo: "Se votassi a Roma, la mia preferenza andrebbe a Fini"[8]. Fini ricoprirà la carica di consigliere comunale a Roma fino al 2001.

LA NASCITA DI ALLEANZA NAZIONALE E L’ALLEANZA CON BERLUSCONI - Ormai la sua ascesa politica è avviata. Dopo le vittoriose elezioni politiche del 1994, anche se Fini non farà personalmente parte del governo Berlusconi, per la prima volta nella storia della Repubblica l'esecutivo conterà quattro ministri appartenenti al suo partito, tra cui il vice presidente del Consiglio "Pinuccio" Giuseppe Tatarella.
La svolta nel congresso di Fiuggi (25-29 gennaio 1995) segna una radicale trasformazione del MSI con l'assunzione della carica di Presidente di Alleanza Nazionale, al posto del precedente Coordinatore Adolfo Urso. Decisiva la distanza netta dal fascismo. Rauti, Erra, Staiti e pochi altri vanno via dal partito per fondare il Movimento Sociale-Fiamma Tricolore. Gianfranco Fini è stato rieletto alla Camera dei deputati nella circoscrizione XV (LAZIO 1), Collegio 24 Roma-Della Vittoria. Era stato eletto deputato anche nelle legislature IX, X, XI, XII, XIII, XIV e XV.
Dal 2001 al 2006 ha ricoperto l'incarico di vicepresidente del Consiglio nel secondo governo Berlusconi, del quale è stato anche ministro degli Esteri a partire dal novembre 2004 al posto di Franco Frattini, dopo che questi era entrato nella Commissione europea. Nel febbraio del 2002 è stato nominato rappresentante del governo italiano alla Convenzione europea, per la stesura della bozza di costituzione europea.
A lui si deve tra l'altro la Legge Bossi-Fini sulla regolamentazione degli extracomunitari, legge molto contestata e dalla quale tramite alcune sue ultime dichiarazioni sembra essersi discostato.
Nel febbraio 2006 fa approvare una modifica al D.P.R. n. 309/1990 (Testo Unico sugli stupefacenti), la cosiddetta Legge Fini-Giovanardi, inserita nel pacchetto sicurezza per i XX Giochi olimpici invernali svoltisi a Torino nel 2006. Questa abolisce la distinzione giuridica tra droghe leggere, quali la cannabis, e droghe pesanti, quali eroina o cocaina e punisce in base alla quantità di principio attivo contenuto nelle droghe.

LA NASCITA DEL PDL E LA PRESIDENZA- A fine gennaio 2007 Silvio Berlusconi dichiarò Fini come suo successore in caso di creazione di un partito unico, incontrando i dissensi della Lega e dell'UDC.
Dopo la nascita del nuovo soggetto politico Il Popolo della Libertà ad opera di Silvio Berlusconi, il quale ha dichiarato di auspicare una nuova legge elettorale alla tedesca (cioè proporzionale con sbarramento), Fini in un primo tempo riferì che An non vi avrebbe fatto parte, giudicando confuso e superficiale il modo in cui il PdL era nato, e manifestando così un aperto dissenso verso l'alleato della ormai "ex coalizione". Due mesi dopo, tuttavia, la caduta del governo Prodi lo fa riavvicinare a Berlusconi, con cui si accorda per presentare alle imminenti elezioni del 13 e 14 aprile, An e FI sotto il simbolo del Popolo della Libertà, passo iniziale per la costruzione di un unico soggetto politico di centrodestra.
Dopo la vittoria elettorale del 14 aprile 2008, il 30 aprile 2008 viene eletto Presidente della Camera dei Deputati della XVI legislatura, al quarto scrutinio con 335 voti, su 611 votanti e maggioranza richiesta di 306 voti. Con l'elezione annuncia di lasciare la presidenza di An, la cui reggenza viene affidata l'11 maggio 2008 ad Ignazio La Russa, nell'attesa del congresso che porterà alla nascita ufficiale del partito del Popolo della Libertà.

LA NASCITA DI FLI - Nel luglio 2009 si riaccende la tensione con i vertici del partito, a cui Fini contesta la linea sui temi della giustizia e della legalità e accusa di appiattirsi troppo sui temi della Lega, rinunciando al ruolo di protagonista dell'agenda governativa.
Il 29 luglio 2010 un documento votato dalla maggioranza dei componenti dell'ufficio di presidenza del PdL, ad eccezione dei tre esponenti finiani, sfiducia il presidente della Camera decretandone, di fatto, l'espulsione dal partito che aveva contribuito a fondare, e sancisce la rottura tra Fini e Berlusconi, che afferma: "I comportamenti di Fini sono incompatibili con i valori del Pdl e con i nostri elettori. Viene quindi meno la fiducia anche per il suo ruolo di garante come presidente della Camera". Il 5 settembre 2010, dopo un'estate di aspre polemiche tra Il Popolo della Libertà e il gruppo dei finiani, accompagnate da un'accesa campagna di stampa guidata dal Giornale di Vittorio Feltri, Fini tiene un lungo intervento nel corso della Festa Tricolore di Mirabello. Il Presidente della Camera ribadisce il suo sostegno al governo Berlusconi, ma sancisce, di fatto, la fine dell'esperienza rappresentata dal PdL; rivendica quindi il diritto ad esprimere il dissenso suo e del suo gruppo all'interno della maggioranza e l'importanza di non appiattirsi sulla Lega su molte questioni e soprattutto in materia di federalismo; prende poi apertamente le distanze dalla politica economica del governo in materia di giustizia e di legalità. Infine replica alla campagna dei giornali che si sono scagliati contro la sua famiglia, i cui metodi vengono definiti da Fini da "lapidazione islamica". Il successivo 8 settembre, alla ripresa dei lavori parlamentari, lascia il gruppo parlamentare del Pdl e aderisce al gruppo di Futuro e Libertà.
Il 7 novembre 2010, in occasione della prima convention di Futuro e Libertà a Bastia Umbra, ratifica la crisi del governo, chiedendo a Silvio Berlusconi di rassegnare le dimissioni, annunciando che in caso contrario la delegazione del suo partito lascerà il governo. Il 15 novembre 2010 la delegazione finiana abbandona, come da avviso, il governo. Il quale però riesce comunque ad andare avanti, grazie al passaggio nella maggioranza di alcuni parlamentari dell’opposizione (si ricorderà il famoso duo Razzi-Scillipoti su tutti).

LA BREVE ESISTENZA DEL TERZO POLO- L'anno dopo, in seguito alla caduta del governo avvenuta nel novembre 2011, insieme al cosiddetto Terzo polo di cui FLI è entrato a far parte insieme all’Udc, Fini si schiera a favore dell'insediamento del nuovo governo Monti, continuando ad appoggiarlo anche in vista delle elezioni 2013, auspicando «una grande lista civica nazionale, una grande lista per l'Italia che chiami a raccolta le energie sane del paese senza personalismi». Il resto è storia d’oggi.

Tanti stanno esultando sulla fine indecorosa di Gianfranco Fini. Dai militanti di estrema destra ai berlusconiani, tutti uniti nel bollarlo come “traditore”. In effetti prima ha tradito la destra sociale, alleandosi con Berlusconi in favore di una brillante carriera, e poi si è defilato da Berlusconi, svegliandosi dopo 16 anni di onorato zelo. In questa politica sporca e infame, l’incoerenza e i voltafaccia si pagano ancora. Per fortuna.

(Fonte: Wikipedia)
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LA CARNE DI CAVALLO POTREBBE TROVARSI IN TUTTI GLI ALIMENTI


COMPLICI LE DIRETTIVE UE POCO STRINGENTI SUI CONTROLLI

Lo scandalo della carne di cavallo trovata nelle lasagne Findus in Inghilterra e poi anche a Verona, ora riguarda anche le polpette Ikea nella Repubblica ceca, con la multinazionale svedese che ha deciso di ritirarle dal menu in tutt’Europa e anche in Asia e nei Caraibi. La carne di cavallo di per sé non fa male, anzi. Il problema però sono le direttive Ue che non tutelano i consumatori rispetto alle carni lavorate e dunque si rischia di ritrovarsela ovunque senza conoscerne la provenienza.

IL PROBLEMA DELL’ETICHETTA - Quando si stava discutendo il nuovo regolamento Ue sull’etichettatura delle carni, votammo per includere l’obbligo d’origine anche di quelle lavorate» ricorda Paolo De Castro, presidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo. «La proposta non venne adottata dal Consiglio per la forte opposizione dei paesi del nord. Gran Bretagna in testa», là dove l’ultima frode è esplosa.
Ora che lasagne, hamburger e tortellini contenenti carne di cavallo, spacciata per manzo, sono finite nei supermercati e nelle mense di mezza Europa, Italia compresa, la questione delle etichette torna con forza. Il commissario alla Salute Tonio Borg viene sentito in commissione Agricoltura il 21 e il 22 febbraio. Il tentativo è quello di riaprire il dossier trasparenza all’interno della discussione sulla nuova politica agricola comune. Alla fine del 2011 l’Ue ha varato, dopo molte discussioni, nuove norme sulla tracciabilità degli alimenti, estendendo l’indicazione d’origine alle carni fresche di maiale, pollo e agnello, ma solo dalla fine del 2014.
Su quelle bovine esiste già, su quelle di cavallo non è prevista. L’Italia è da sempre esigente sull’argomento e ha introdotto obblighi che non esistono negli altri paesi Ue, come la provenienza del latte fresco, della passata di pomodoro, e dopo l’influenza aviaria la provincia di allevamento del pollame. È stata il motore delle norme europee sulla tracciabilità dell’olio d’oliva. Una recente indagine di Altroconsumo ha ribadito che il 46 per cento degli italiani ritiene l’etichetta una questione di «sicurezza».
A gennaio 2011 il Parlamento provò a spingersi più in là, approvando una legge sulle etichette «parlanti»: avrebbero dovuto segnalare la presenza di ogm, la provenienza degli ingredienti, il luogo dell’ultima trasformazione sostanziale. L’Ue sospese la normativa ritenendola in contrasto con la legislazione comunitaria. Ne è stata varata un’altra ma è «ferma al palo per la mancata approvazione dei decreti amministrativi» rileva Stefano Masini, responsabile consumi della Coldiretti.

IL CONFRONTO CON GLI USA - Negli Usa la carne di cavallo è letteralmente sparita dal mercato di massa dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando veniva considerata un sostituto di quella bovina, che scarseggiava. Ancora oggi, però, in alcuni Stati è persino vietato servire nei ristoranti carne equina. E' il caso della California, dove a decidere per l'eliminazione della carne di cavallo è stato un referendum nel 1998. Lo stesso vale anche in Oklahoma e nel Mississippi, in Texas non si può vendere carne equina, ma la si può macellare, mentre nell'Illinois la si macella, ma solo per venderla all'estero.
Del resto è solo da un paio di anni che il Presidente Obama ha abrogato il divieto di macellazione degli equini, nel 2011, e solo per ragioni prettamente economiche: dal 2006, anno in cui entrò in vigore il divieto a livello federale, si iniziò ad assistere ad una "migrazione" di animali per la macellazione all'estero, dove le norme di sicurezza avevano maglie più larghe. Clamoroso, poi, il caso di Hugue Dufour, chef e co-proprietario della M.Wells Dinette, il prestigioso ristorante del MOMA di New York, che come racconta il New York Times , lo scorso anno fu costretto ad eliminare dal menù la tartare di cavallo. Non appena il piatto comparve nella lista, si scatenarono le polemiche, arrivando anche a petizioni e mobilitazioni di massa per vietare che fosse servita la pietanza a base di quadrupede.
Insomma, lo scandalo della carne di cavallo negli Usa non sarebbe mai accaduta, non fosse altro perchè in America non si mangia carne di cavallo.

LA CARNE DI CAVALLO FA BENE - La carne di cavallo di per sé può far male? Panorama lo ha chiesto ad Andrea Ghiselli, dirigente di ricerca dell'Inran , Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione."La carne di cavallo tendenzialmente è carne come le altre, il cui pregio fondamentale è quello di avere una quantità di ferro nettamente più alta rispetto alla carne di pollo, pesce o manzo. Infatti ha circa 4 grammi di ferro ogni 100 di carne, più del doppio delle altre carni più comunemente consumate che si attestano intorno all'1 o 2%. Il risvolto della medaglia è che la carne di cavallo è più grassa delle altre. In realtà, spiega Ghiselli, questo dato va preso con il beneficio di inventario. "Siccome il cavallo non è una carne molto consumata, e nonostante l'Italia ne sia tra i principali consumatori, resta pur sempre un prodotto di nicchia, le tabelle di composizione degli alimenti non sono specifiche nel classificare le varie parti della bestia. Mentre cioè distinguiamo il vitello dal vitellone e dal manzo, e il taglio anteriore dal posteriore e dalla costata, per questa carne abbiamo una generica voce 'cavallo' che riguarda tutte le parti edibili nel loro insieme". Considerato così il valore di grasso è intorno al 7%, "ma se prendo il cavallo senza il grasso visibile ottengo una carne con un 1% di grasso".
A chi è consigliato il consumo e a chi potrebbe invece essere sconsigliato? "Avere un tenore di ferro così alto", spiega Ghiselli, "fa sì che nei pazienti anemici sia sufficiente consumare meno carne per ottenere lo stesso apporto di ferro. Non è invece sconsigliata a nessuno se non in base alle ipersensibilità individuali. Come ci sono gli allergici alla carne di mucca, possono essercene anche a quella di cavallo, anche se a me non è mai giunta all'orecchio un'allergia di questo tipo". Il che però non deve stupire perché, "il consumo è tutto sommato poco frequente e di solito si è allergici a quello che si consuma di più". Quanto all'apporto proteico, è paragonabile a quello delle altre carni: "una ventina di grammi di proteine ogni 100 grammi di carne, come tutti i muscoli. Le proteine della carne di cavallo sono appena meno digeribili di quelle del bovino. Infine per quel che riguarda le vitamine, contiene soprattutto quelle del gruppo B". Insomma, conclude il nutrizionista, "nella varietà della dieta il consumo di carne di cavallo si inserisce perfettamente". A patto però di sapere da dove proviene. A fare male è ad esempio la carne dei cavalli anziani utilizzati per le corse, poiché contiene sostanze tossiche legate a quelle dopanti somministrategli durante l’attività agonistica. A fine carriera li si manda tristemente al macello, per sfruttarli fino all’ultimo.

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SOSPENSIONE PSICOFARMACI E IDEAZIONI DI MORTE CHE NON VANNO VIA

LETTERA

Ciao Pietro scusami che ti interpello sempre...ma SOLO tu puoi darmi un consiglio perché ormai di psichiatri e neurologi non ne voglio proprio sapere...ieri sono due mesi che non prendo più il citalopram ma noto che l'ansia tra ieri e oggi è alle stelle...come è possibile che a distanza di di 2 mesi ho ancora tali effetti (le ideazioni ormai sono diventate paure che generano però ansia)??? Ieri ho telefonato il neurologo che mi prescrisse il citalopram e senza esitare nemmeno un attimo senza nemmeno guardarmi mi ha detto di riprenderlo piano piano perché secondo lui la cura l'ho fatta per un periodo troppo breve. ..scusami se ti disturbo sempre ma in materia di psicofarmaci ed effetti collaterali sei preparatissimo...cordiali saluti F.


RISPOSTA

Ciao F.,
per i lettori, faccio riferimento al precedente articolo,

CITALOPRAM: IDEAZIONI DI MORTE. TI CURO LA CERVICALE MA TI TRASFORMO IN UN ASSASSINO

 

al quale rimando per capire meglio l'intera vicenda.

Veniamo a noi.
Non sono un medico, non prescrivo farmaci e non visito nessuno, ma non ci vuole una laurea per capire che tutto quello che ti sta accadendo altro non è che un effetto di sospensione del farmaco che ti era stato prescritto.
Fondamentalmente accade questo: ogni qualvolta si assume una sostanza estranea al proprio sistema biochimico, e in particolar modo gli psicofarmaci, il corpo muta per adattarsi e compensare alla presenza di tale sostanza.
Nel momento in cui (in questo caso il citalopram) viene interrotta, il corpo deve fare uno sforzo inverso per tornare alla normale situazione precedente: ecco qui i sintomi di sospensione, una vera e propria crisi di astinenza, propedeutica e necessaria alla successiva, vera "guarigione".
Allucinante, a dir poco, la telefonata intercorsa tra te e il neurologo, che denota, da parte di quest'ultimo, una totale, dico totale inesperienza e ignoranza di quali molecole abbia prescritto e dello sconquasso che creano all'interno dell'organismo umano.
E come sempre, al posto di prendersi una responsabilità delle proprie azioni, scaricano tutto sul paziente, dicendo le solite boiate stile "cura troppo breve", "i sintomi vecchi riaffiorano".
Tutte balle, e già sentite.
Quello che posso dirti è di avere pazienza: il corpo sa quello che fa, e tornerà da solo a una situazione di normalità.
Se ti dovessi accorgere di essere sopraffatto dalle ideazioni, chiedi aiuto immediatamente a chi ami e di chi ti fidi, ma evita, con tutte le tue forze, di passare dalla padella alla brace recandoti a un pronto soccorso, dove ti rimetterebbero, in fretta e furia, sotto cura psicofarmacologica.
Chi prescrive uno psicofarmaco non ha capito nulla del corpo umano; chi prescrive un antidepressivo, come nel tuo caso, per una cervicale, è in un delirio ancora più profondo.
Non sottovalutare l'idea di mettere a riposo il tuo organismo tramite un digiuno terapeutico, anche a soli centrifugati, che permetterebbe al tuo sistema immunitario, non impegnato nel gravoso compito digestivo, di utilizzare tutte le energie per eliminare agevolmente i residui ancora presenti dentro di te.


 

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BERLUSCONI RISORGE E GRILLO FA BOOM, GLI ITALIANI CONFERMANO DI AMARE ILLUSIONISTI E TEATRANTI


L’ASSE PD-SEL NON VOLA, FLOP DI MONTI E INGROIA

Come nel 2006, i sondaggi hanno fatto di nuovo flop. Anzi pure peggio di allora. Il parlamento uscito dalle urne è frammentato e l’Italia è così drammaticamente ingovernabile. Alla Camera il centro-sinistra riesce ad ottenere la maggioranza per un soffio, mentre al Senato c’è una situazione di stallo e anche la possibile alleanza Bersani-Monti-Vendola non riuscirebbe a dare una maggioranza per governare (insieme arrivano a 143 seggi, mentre ne servono 158). Molto difficile dunque creare anche un Governo di larghe intese.
Il Movimento 5 stelle ha superato le più rosee aspettative dei suoi militanti e del suo leader stesso, il quale sentiva comunque nell’aria il “rischio” di doversi assumere una certa responsabilità. Berlusconi ha dimostrato ancora una volta di essere un combattente, sconfiggendo i tanti, forse quasi tutti, che lo ritenevano già finito; in due mesi, con una massiccia campagna elettorale, ha raddoppiato i consensi attribuitigli dai sondaggi, ritornando perfino ai consensi di tre anni fa, recuperando i cali registrati nelle elezioni amministrative degli ultimi due anni. Il centrosinistra non è autosufficiente, con Pd e Sel che hanno perso 3-4 punti a testa. Flop della lista Monti, che guadagna pochi seggi in entrambe le Camere, con l’Udc che si salva con qualche seggio. Mentre Ingroia non ne prende nemmeno uno.

IL CENTRO-SINISTRA SI AFFLOSCIA– Bersani era dato da tutti i sondaggisti, e buona parte dei commentatori politici, come il sicuro prossimo Premier. E invece il Pd ha perso 5-6 punti, mentre Sel ha dimezzato i propri consensi rispetto alle aspettative elettorali; nullo invece il sostegno apportato dal Centro democratico (che comunque vede entrare in parlamento i due principali esponenti, Tabacci e Donadi, per la regola del “miglior perdente”). A pesare sul Pd probabilmente il minor appeal del candidato Bersani rispetto a Renzi e lo scandalo Mps, mentre Vendola ha perso voti in favore di Ingroia e Grillo. Tra questi ultimi due, le preferenze a sinistra li ha attirati più il comico che l’ex Pm.

GRANDE RIMONTA DI BERLUSCONI– Dato per finito fino a inizio novembre, il Cavaliere è riuscito nel miracolo di ritrovare i voti persi gradualmente negli ultimi due anni, ritornando quasi ai consensi delle regionali 2010. La massiccia campagna elettorale del mattatore di Arcore, presente in ogni dove, è riuscita nell’impresa; le due mosse vincenti per recuperare il proprio elettorato sono state la promessa del rimborso IMU e la possibilità di un nuovo condono. Temi cari a tanti italiani, soprattutto i meridionali; non a caso, eccetto la Basilicata, tutte le regioni del sud sono andate al centro-destra. Minore l’apporto della Lega, che è letteralmente crollata sia alla Camera che al Senato, ottenendo il 4%; infatti al Nord il centro-destra ottiene solo la Lombardia e il Veneto. Gli scandali di casa Bossi e il ritorno nelle braccia del Cavaliere hanno influito molto.

BOOM DI GRILLO – Un risultato del genere non se lo aspettava neppure il comico genovese, che ha ottenuto il 25% alla Camera e il 23% al Senato. Ha rosicchiato voti al Pd, alla sinistra massimalista, alla Lega, ha attinto voti da un giovane su tre che è andato per la prima volta alle urne e tra tanti indecisi e potenziali astenuti. Alla Camera è perfino il primo partito e ottiene 108 deputati e 54 senatori. Un risultato incredibile, mai verificatosi per un partito alla prima tornata elettorale alle politiche.

FLOP DI MONTI E CASINI, FINI FUORI DAL PARLAMENTO – In queste elezioni gli italiani hanno punito l’austerità, con la lista Monti che ha ottenuto solo il 9% al Senato (pur comprendendo l’Udc e Fli), ottenendo solo 18 senatori; mentre alla Camera i tre simboli sono andati divisi, ottenendo il 10% di coalizione sufficiente per avere seggi, ma ripartito miseramente tra i 37 della Lista civica per Monti e gli 8 dell’Udc. Non vedremo così più la faccia di Cesa o della Binetti, ma soprattutto, del Presidente della Camera Gianfranco Fini, visto che il suo Fli ha ottenuto un vergognoso 0,46% e dunque zero seggi.

LA RIVOLUZIONE CIVILE DI INGROIA MUORE IN PARTENZA – Come già detto in un post precedente, la Rivoluzione civile di Ingroia è morta in partenza, ottenendo un misero 3% in entrambi i rami del Parlamento. L’ex Pm si mostrava come la novità, ma nella sua lista vi erano vecchie facce: Di Pietro, Diliberto, Ferrero, Bonelli, la cui candidatura ha sacrificato quella realmente innovativa di altre persone, quali ad esempio i giovani dell’agenda rossa in Sicilia. Rivoluzione civile ha solo tolto voti a Sel, che ha dimezzato come detto il proprio consenso. Debacle anche a Napoli, nel feudo (forse ormai ex) del Sindaco de Magistris, dove Rc ha ottenuto solo un 3%, molto lontano dai dati straripanti dell’ex pm alle elezioni amministrative di un anno e mezzo fa.

GIANNINO QUASI INESISTENTE – Fare per fermare il declino, movimento creato da Oscar Giannino e altri economisti, ottiene un misero 1% alla Camera mentre al Senato non ci arriva neppure. Se il suo ingresso alla Camera era già difficile, a renderlo più complicato ci si è messo il pasticcio dei titoli di studio, creato da uno degli esponenti del movimento, Zingales, a 5 giorni dalle elezioni. Il movimento comunque dovrebbe ancora esistere, almeno stando alle dichiarazioni dei rappresentanti nel dopo-spoglio.

Intanto le Borse crollano, lo Spread sale e i giornali stranieri ci deridono. Siamo tornati alla stessa situazione pre-governo Monti. Cinque anni fa a rovinarci fu l’Ici, ora l’Imu.
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le onlus che non mollano.. anche in tempi di crisi.

in questi giorni non ho mai uno spazio di tempo per riposarmi e dedicarmi al blog..
tra ripetizioni di economia aziendale che fortunatamente cominciano a dare i loro risultati, tra verifiche ed interrogazioni di inglese, francese, diritto e quant'altro, riesco solo ora a scrivere...

dunque, qualche giorno fa mi è arrivata una lettera dal comitato del mio ospedale che da anni si occupa della ricerca contro la leucemia e i tumori del sangue, che parlava  di un nuovo progetto in cantiere e ho pensato di condividerlo con voi per farvi vedere quanto anche al giorno d'oggi, grazie al found- raising fai da te, le onlus come questa sono in grado di raccogliere fondi per la ricerca e migliorare le condizioni mediche e la degenza a tutti i piccoli pazienti pediatrici.
vi posto qui il link dell'articolo che è stato pubblicato sul cittadino di monza http://www.ilcittadinomb.it/stories/Cronaca/353554_lospedale_dei_bambini_a_monza_via_al_progetto_contro_le_leucemie/
e sul corriere della sera
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/13_febbraio_24/rubrica-citta-bene-onlus-fai-da-te-fondi-2114178591014.shtml

inoltre se volete vi lascio anche il sito ufficiale  del comitato http://www.comitatomarialetiziaverga.it/

visto che oggi sono in vena di lasciare link sparsi per questo post vi lascio anche da visitare l'associazione che la mamma di Andrea ( vi ricordate? il bambino di cui ho parlato in questo post)
ha creato dopo la sua scomparsa, per continuare a lottare contro la leucemia e quel 20% di malati che ancora non rispondono alle cure. quel 20% di cui anche Andrea faceva parte. http://www.insiemeadandreasipuo.org/

mi sento in vena di parlarvi di tutto questo, oggi, perchè mi sono resa conto che nel clima in cui siamo immersi noi nell'ultimo periodo; fatto da elezioni, fatto da  un' italia che è profondamente in crisi e che risulta ingovernabile e soprattutto, fatto da società, imprese e anche onlus che falliscono, c'è  quella piccola % che non molla. che non si arrende.. che anche nel 2013 quando il paese è in crisi più profonda, ha ancora il coraggio di portare avanti progetti e raccolta fondi per la ricerca e per migliorare la vita di tutti i malati!!!




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NON FARTI CADERE LE BRACCIA, 40 ANNI FA IL PRIMO ALBUM DI EDOARDO BENNATO


dopo una lunga gavetta e una manciata di 45 giri rimasti invendutI. DA LI’ UNA SERIE DI SUCCESSI TRA GLI ANNI ’70 E ‘80

Lo considerava un’ultima spiaggia, anzi, un ultimo fiammifero, al punto da metterlo perfino sulla copertina. Nel 1973 Edoardo Bennato ha 27 anni, fa musica a livello professionale da quando ne aveva 12 (insieme ai fratelli Eugenio e Giorgio si esibiva nei circoli, sulle navi da crociera e persino alla tv), eppure non riusciva a sfondare. Sarà che è figlio di un operaio dell’Italsider e di una casalinga, e in Italia, si sa, non basta se hai talento. Però in quel 1973, quarant'anni fa, dopo una manciata di 45 giri rimasti invenduti, le cose cominciano a girare: Bennato pubblica il primo album, "Non farti cadere le braccia". Il titolo, oltre alla succitata copertina, è tutto un programma. Bennato non mollò e fece bene.

I MOTIVI DEL SUCCESSO - Il disco contiene alcuni brani che sono poi diventati dei classici ("Un giorno credi", "Campi Flegrei", "Rinnegato", la stessa "Non farti cadere le braccia"). I temi e lo stile che rendono l'artista unico nel panorama italiano sono già presenti. A colpire è anche la squadra di collaboratori che Edoardo riesce a mettere insieme. Eugenio Bennato e Patrizio Trampetti, entrambi allora nella Nuova Compagnia di Canto Popolare, rispettivamente in veste di chitarrista e di co-autore di "Un giorno credi". Roberto De Simone firma gli arrangiamenti.  Bruno Lauzi il testo di "Lei non è qui non è là", che lo stesso cantautore genovese aveva inciso due anni prima. Il disco è prodotto da Alessandro Colombini e pubblicato dalla Dischi Ricordi. Il folk-rock di Edoardo Bennato, rigorosamente cantato in italiano e del tutto esente da napoletanismi di maniera, non nasconde l'influsso dei suoi miti musicali dell'epoca: Bob Dylan (l'uso della chitarra e dell'armonica) ed Elton John (il gusto della melodia e la cura degli arrangiamenti).

I LAVORI SUCCESSIVI - La Ricordi, spinta dalle buone recensioni del disco, nel 1974 pubblica il secondo lavoro: si tratta di un concept album intitolato I buoni e i cattivi, sulla difficoltà di distinguere il bene dal male, e su come i concetti di buono e cattivo siano spesso intrecciati, come ben rappresenta la copertina, in cui compaiono due carabinieri (lo stesso Bennato e Raffaele Cascone) ammanettati tra loro. Uno buono è dedicata al concittadino Giovanni Leone, presidente della Repubblica in carica. Anche la scuola è presa di mira come istituzione apportatrice di una cultura dominatrice (In fila per tre); non mancano le critiche alle amministrazioni pubbliche (Ma che bella città), alle autorità (Bravi ragazzi) e alle classi dirigenti del dopoguerra (Arrivano i buoni). Viene riproposta Un giorno credi, già pubblicata nell'album d'esordio. Il disco riscuote un buon successo di vendite, entrando anche nelle classifiche.
Sempre nel 1974 esce un 45 giri contenente due nuove canzoni: Meno male che adesso non c'è Nerone e Parli di preghiere, di discreto successo; la prima sarà inserita nell'album successivo, Io che non sono l'imperatore, pubblicato dalla Ricordi agli inizi del 1975, mentre la seconda resterà inedita su LP (ma verrà inserita nella raccolta "Le Origini"). Anche Io che non sono l'imperatore vende discretamente: tra le canzoni più trasmesse dalle numerose trasmissioni radiofoniche ci sono Signor censore, Feste di piazza (con un testo scritto nuovamente da Patrizio Trampetti) e il "divertissement" di Io per te Margherita, dove Bennato si diverte a cantare ironicamente una triste storia d'amore. La canzone Affacciati affacciati è registrata dal vivo durante un concerto all'Università Bocconi di Milano, e prende di mira il Papa. La copertina raffigura sia all'esterno che all'interno la tesi di laurea di Bennato, e cioè un progetto per la realizzazione di una rete capillare della metropolitana di Napoli.
La torre di Babele esce nel 1976 e prosegue sulla strada dell'impegno sociale dei testi, ma con venature musicali più vicine al rock e al blues, sempre in chiave acustica, grazie anche alla presenza del chitarrista Roberto Ciotti e di Dario Iori alla chitarra e banjo tenore. Il disco contiene tutti i temi cari a Bennato, che si schiera contro la guerra, l'arrivismo, l'arroganza e il divismo della sua categoria (in Cantautore).

BURATTINO SENZA FILI E SONO SOLO CANZONETTE - Nel 1977 esce Burattino senza fili, un disco che, sulla falsariga della storia del burattino di Collodi, analizza, critica e sentenzia su alcuni importanti aspetti sociali e filosofici che interessano la vita: il conflitto tra la sincerità dei piccoli e l'ipocrisia dei "grandi" (in Quando sarai grande); l'arroganza dei potenti e dei privilegiati (in In prigione, in prigione); la strumentalizzazione ipocrita della femminilità (in La fata); lo stato di isolamento in cui si trova chi cerca di dire qualcosa di semplice e sensato, senza secondi fini né interessi personali (in Tu grillo parlante). Questi temi torneranno anche nei dischi successivi e sono già abbozzati in quelli precedenti. Ma qui trovano una organicità notevolissima, grazie anche alle scelte musicali che spaziano dal rock alla musica da camera in un impasto variegato di stili che riesce a cogliere da ognuno di essi le caratteristiche e le espressioni che più si adattano al messaggio di ciascun brano.
I tre anni di silenzio successivi (escluse le versioni in inglese de La torre di Babele e Cantautore) preludono al momento più fortunato della carriera di Edoardo Bennato, che produce un altro disco ispirato a una favola, quella di Peter Pan, che affianca Burattino senza fili. L'album è Sono solo canzonette, titolo che riassume il pensiero dell'autore
Ma, con qualche giorno di anticipo, senza aver comunicato la cosa né ai giornalisti né al pubblico, e tantomeno ai media, esce Uffà! Uffà!, disco irriverente anche per i contenuti folli e dissacratori di cui è ricco, nel quale sembra prevalere un'ispirata componente di divertimento e di distacco dal politicamente corretto che dà a Edoardo la possibilità di prendere e prendersi in giro con grande libertà e ironia. Non manca l'impegno sociale.

GLI ANNI ’80 E ABBI DUBBI - Edoardo Bennato è diventato uno dei cantautori più acclamati in Italia, le parole delle sue canzoni vengono lette nelle scuole e lui sembra quasi trovarsi nella posizione di profeta-santone che aveva tanto esorcizzato nelle sue stesse canzoni. All'apice del successo Edoardo Bennato torna in sala di registrazione con l'idea di registrare un grande musical sulla trama della fiaba del pifferaio magico rivisitata in chiave moderna. Il risultato è il disco È arrivato un bastimento, che riscuote meno successo dei precedenti, per cui la realizzazione del musical viene accantonata. Il disco è realizzato con l'apporto di una produzione di alto livello, e di musicisti e tecnici di fama internazionale, con l'ormai consueta miscela di stili musicali, dalla lirica al rock duro, dal popolare allo ska, dal mandolino all'elettronica.
Come tanti artisti, anche Bennato è influenzato dalla musica elettronica, prediligendola allo stile degli anni precedenti. Da questa virata professionale nasceranno Ok Italia (1987) e Abbi dubbi (1989), che contiene il grande successo commerciale Viva la mamma. Ma è tutto l’album ad essere l’ultimo disco ad avere un grande successo commerciale del cantautore partenopeo.

GLI ANNI ’90 E 2000 - Nel 1990 ha inciso in coppia con Gianna Nannini il brano Un'estate italiana, inno ufficiale in lingua italiana dei mondiali di calcio Italia '90. Tra gennaio e settembre, con qualche intervallo, risulterà il singolo più venduto in Italia e, storicamente, l'ultimo 45 giri a ottenere un massiccio riscontro commerciale prima della sua sparizione dal mercato discografico.
Tra il 1992 e il 2003 escono alcune raccolte antologiche e diversi album di inediti che non riescono a trovare il successo commerciale e che vedono il progressivo affievolimento del fenomeno Edoardo Bennato che tanto aveva entusiasmato il pubblico negli anni passati. In essi comunque non mancano ancora riferimenti alle favole e canzoni d’impegno politico e sociale.

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LA7 CAMBIA DI NUOVO PROPRIETARIO, LA STORIA TORMENTATA DEL SETTIMO CANALE


LA SOCIETA’ E’ STATA RILEVATA DA URBANO CAIRO, ATTIVO DA OLTRE VENT’ANNI NEL SETTORE PUBBLICITARIO

Da anni punta a essere il terzo polo televisivo, il terzo incomodo del duopolio Rai-Mediaset. Ma ogni volta le ambizioni si scontrano con la dura realtà e le perdite di bilancio conseguenti agli investimenti finanziari che non riscontrano poi un ritorno in utili. La Telecom ha ceduto quasi in fretta e furia LA7 a Urbano Roberto Cairo, proprietario della Cairo Communication che da vent’anni è attiva nel settore pubblicitario. E così il settimo canale prova di nuovo a rilanciarsi, come prova a fare dai tempi di Tmc di Vittorio Cecchi Gori.

L’IMPRESA A CUI E’ CHIAMATO CAIRO-  Il mercato appare fiducioso che Cairo riesca nel suo intento di risanare il canale tv che nel 2012 ha perso 100 milioni. Con una casa editrice e una concessionaria di pubblicità che nel loro complesso hanno fatturato 319 milioni e ne hanno guadagnati 18 nell'anno appena trascorso, non è comunque un'impresa facile. Se non interviene immediatamente sui costi del palinsesto, portato a 120 milioni dall'ex ad Gianni Stella, Cairo rischia di portare in rosso tutta la casa editrice. Con un mercato della pubblicità in forte contrazione sarà inoltre necessario lanciare nuove trasmissioni in grado di attirare nuovi inserzionisti. Tuttavia questa è da sempre la spirale in cui si avviluppa La7 di oggi e la Tmc di una volta: lo share non è sufficiente ad attrarre pubblicità per coprire i costi, e se si investe per aumentare lo share, come ha fatto Stella, si rischia di allargare il buco invece che chiuderlo.

COSA C’E’ DIETRO LA CESSIONE-  I consiglieri erano sicuri di voler vendere La7, fonte di perdite per Telecom, ma erano molto meno certi di voler alienare un asset che produce 40-45 milioni di ebitda all'anno. Certo bisognerà vedere se i prezzi di affitto delle frequenze in futuro saliranno o scenderanno, ma meglio non rischiare di svendere e incorrere in un'azione di responsabilità. Risultato: quattro voti per Clessidra, Pagliaro, Ben Ammar, Micciché, Catania, tutti gli altri per Cairo, inclusi gli spagnoli e Galateri.
A mente fredda c'è comunque da chiedersi come mai i grandi soci di Telecom Italia, cioè Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Generali abbiano deciso di chiudere l'esperienza televisiva con tanta determinazione. La versione buona dice che i banchieri erano stanchi di subire perdite e di essere accusati dai politici per i contenuti delle trasmissioni a volte irriverenti. La versione più dietrologica riferisce che i banchieri non volevano più lasciare La7 nelle mani di Bernabè, poiché un governo di centro sinistra in carica e le risorse della Telecom avrebbe potuto rafforzare il polo tv a danno di Mediaset. È noto infatti che La7 negli ultimi anni è andata a rosicchiare spettatori a Rai Tre, ma assai meno alle reti Mediaset che hanno un pubblico più giovane. La sfida futura sta proprio qui: andare a prendere un pubblico diverso.
E bisognerà vedere se Cairo avrà le spalle sufficientemente robuste per scontrarsi con il Biscione. Di certo i banchieri avrebbero preferito che a lanciare questa sfida fossero stati Claudio Sposito e Marco Bassetti. Invece ha prevalso la discesa in campo di un editore puro che dovrà sudare sette camicie per risollevare la baracca e mantenerla indipendente da future incursioni di gruppi con le spalle più larghe.

LA CAIRO COMMUNICATION - La società è stata costituita nel 1984, ma all'epoca non aveva alcun rapporto con il gruppo Cairo, che doveva ancora nascere; questa società faceva infatti parte del gruppo Yomo ed era denominata Gespal – Gestione Prodotti Alimentari s.r.l..
Il gruppo Cairo nasce invece nel 1995, quando Urbano Cairo, attraverso una finanziaria da lui controllata denominata Cairo Partecipazioni s.r.l., costituisce la Cairo Pubblicità s.r.l., che avvia la propria attività ai primi del 1996, quando acquisisce dal gruppo RCS la concessione in esclusiva della vendita degli spazi pubblicitari sui periodici Io Donna, Oggi e TV Sette (quest’ultima sostituita con i periodici Visto e Novella 2000 nell’agosto 1998).
Nel 1997 entra in scena la Gespal, società ormai inattiva che viene ceduta dalla Yomo alla Cairo Partecipazioni; la denominazione viene cambiata in Cairo Due s.r.l., che verrà nuovamente cambiata successivamente, con la trasformazione in S.p.A., nell'attuale Cairo Communication.
Con una politica di successive acquisizioni societarie, il gruppo Cairo amplia progressivamente la propria attività alla pubblicità statica negli stadi (è del 1997 l'accordo con A.S. Roma e Società Sportiva Lazio per la pubblicità nello Stadio Olimpico), alla pubblicità televisiva e agli spazi pubblicitari su Internet, mercato in Italia ancora sul nascere.
La svolta che porta al salto dimensionale del gruppo avviene nel febbraio 1999, con l'operazione più importante effettuata finora dal gruppo, ovvero l'acquisizione di Editoriale Giorgio Mondadori S.p.A., azienda fondata da Giorgio Mondadori nel 1980 e attiva nel settore dei libri e dei periodici. Questa acquisizione segna il definitivo ingresso del gruppo Cairo nel settore dell'editoria.
Successivamente, grazie anche ai mezzi finanziari raccolti con la quotazione in Borsa, avvenuta nel luglio 2000 nell'allora Nuovo Mercato, nuove acquisizioni e il lancio di testate giornalistiche proprie attraverso la società Cairo Editore S.p.A., portano il gruppo alle dimensioni attuali.
Oggi Cairo Communication continua a svolgere direttamente attività nella vendita degli spazi pubblicitari, ma è anche a capo di un gruppo comprendente la stessa Giorgio Mondadori, altre società dell'editoria e società dedicate ai diversi settori pubblicitari.

DA TMC A LA7 - LA7 fu fondata nel 1974 con il nome di Tele Monte Carlo (nota anche con l'acronimo TMC) ed è stata la televisione in lingua italiana del Principato di Monaco, che divenne negli anni settanta la principale e unica concorrente dei canali pubblici della Rai, essendo una delle poche televisioni estere in lingua italiana ricevibili nella penisola italiana. Nata come costola italiana della monegasca Télé Monte Carlo, la tv nazionale del Principato che invece trasmetteva e trasmette tutt'oggi in lingua francese, fin dal primo anno diffuse i suoi programmi a colori, suscitando un grande interesse nei telespettatori italiani.
Il 4 agosto 1985 la stazione televisiva fu acquistata dai proprietari brasiliani di Rede Globo, dandole il logo del potente canale brasiliano. Successivamente passa sotto il controllo di Montedison e nel 1995 viene acquistata da Cecchi Gori, il quale, per rompere il duopolio Rai-Mediaset, affianca Tele Monte Carlo ad un secondo canale, Videomusic poi ribattezzato nel 1996 TMC2.
Da Tele Monte Carlo a LA7 (2000-2001).
Nell'estate del 2000 TMC viene venduta (e con essa anche TMC 2 - Videomusic) da Vittorio Cecchi Gori alla Seat Pagine Gialle del Gruppo Telecom Italia, guidato all'epoca da Roberto Colaninno e Lorenzo Pellicioli: l'intento dei due manager è creare un nuovo network in grado di competere contro i tradizionali sei canali nazionali raggiungendo, nel medio periodo, uno share del 5%.
Il 24 giugno 2001 il logo di Tele Monte Carlo lascia il posto al nuovo marchio "La 7" (in realtà il marchio TMC viene affiancato in alto a destra del teleschermo completamente trasparente per abituare gradualmente il pubblico al nuovo marchio, e per dimostrare innovazione e continuità con il passato allo stesso tempo per poi scomparire definitivamente alla mezzanotte di domenica 9 settembre 2001) durante una serata inaugurale dal titolo "Prima serata" in onda dalle 20:30 e condotta da Fabio Fazio e Luciana Littizzetto dalla discoteca Alcatraz di Milano, per l'occasione trasformata in uno studio televisivo. Gli ospiti del programma sono: Gad Lerner, Pino Daniele, Francesco De Gregori, Giuliano Ferrara, Sabina Guzzanti, Geri Halliwell, Neri Marcorè, Vincenzo Montella, Eros Ramazzotti e Nina Moric[6]. In contemporanea, per la zona del Lazio, viene trasmesso il concerto organizzato da Antonello Venditti al Circo Massimo per la vittoria dello scudetto della Roma con Sabrina Ferilli madrina d'eccezione. Gli ascolti sono altissimi per un'emittente così piccola (circa 2 milioni di telespettatori).

GLI INVESTIMENTI - La linea editoriale scelta per il canale è quella di una televisione frizzante, movimentata e un po' trasgressiva e dunque in concorrenza con Italia 1. Per questo viene scelto come direttore di rete Roberto Giovalli, in passato alla guida del canale giovane di Mediaset. Per far partire l'emittente alcune star del duopolio Rai-Mediaset vengono ingaggiate dai vertici del nuovo canale. Nel 2002 l'emittente passò sotto il controllo di Marco Tronchetti Provera che in quell'anno acquisì infatti Telecom Italia (e dunque anche LA7) e cambiò totalmente la linea editoriale della rete: da tv giovane diventò una tv dedicata prevalentemente all'informazione e all'approfondimento con obiettivo il 2% di share. Quasi tutti i programmi della gestione precedente vennero dunque cancellati e i conduttori ingaggiati dal canale liquidati; il passaggio di proprietà era testimoniato anche dal cambio del logo del canale che da arancione diventò grigio.
Dopo una serie di aggiustamenti al palinsesto e grazie alla presenza di volti noti e autorevoli come quelli dei già citati Gad Lerner e Giuliano Ferrara, Piero Chiambretti e Daria Bignardi, a partire dal 2003 gli ascolti di LA7 iniziano a crescere, arrivando al 3-4% di share, nonostante la quota di mercato continui ad essere molto inferiore a quella dei tre canali pubblici Rai e i tre privati Mediaset.
Nel triennio 2003-2006 la crescita del network è dovuta soprattutto ad alcune trasmissioni che hanno superato il 5-6% di share, come Omnibus (con punte dell'8% nel 2006, battendo quasi sempre Rete 4 e Rai 3), Markette di Piero Chiambretti - 11% in seconda serata, Il Processo di Biscardi, Otto e mezzo, Atlantide e Le invasioni barbariche. Dal 2007 iniziò una graduale flessione, benché non sono mancate collaborazioni con personaggi di spicco, come Crozza, Luttazzi e la direzione del Tg affidata a Mentana.
Lo share dell’ultimo triennio oscilla tra il 3 il 4 percento. Numeri comunque bassi rispetto agli investimenti massicci portati in atto. Come detto, il bilancio 2012 si è chiuso con una perdita di 100milioni di euro.

L'OFFERTA POLITICA - Per quanto concerne l’offerta dei programmi che trattano di politica, non poche sono le novità. Cairo vuole aggiungere ingredienti più popolari e femminili. Varie sono le partenze ma anche gli arrivi. Restano i capisaldi della rete: Formigli al lunedì con Piazza pulita, Santoro al giovedì con Servizio Pubblico, Crozza al venerdì, Lilli Gruber con Otto e mezzo che si espande anche al sabato. E, ovviamente, Mentana che, oltre al Tg, continuerà a realizzare gli speciali in prima serata nonché ad aprire dirette fiume in caso di eventi importanti. Alla squadra si aggiungono, come raccontato nei giorni scorsi, Salvo Sottile, uscito da Mediaset e Gianluigi Paragone, andato via dalla Rai. Sono gli innesti utili per cercare di agganciare un altro tipo di pubblico rispetto a quello tradizionale de La7. Al primo sarà affidata una trasmissione virata sulla cronaca (che mancava a La7): non sarà simile a Quartogrado, ma più tagliata sullo stile della rete. «Sottile, come Paragone, sono stati dei blitz, li abbiamo ingaggiati al volo (entrambi avevano rotto con le rispettive aziende) - spiega ancora Cairo -. Il primo ci servirà per attrarre pubblico femminile (che lo seguiva su Rete4), il secondo per realizzare un talk diverso, più scanzonato come ha dimostrato di saper fare su Raidue».

A Cairo dunque spetta l’ennesimo difficilissimo tentativo di rilanciare una rete che ogni anno finisce sempre per fare il passo più lungo della gamba.

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NAPOLI VENDE BAGNOLI, MA NESSUNO LO VUOLE


ANDATA IN FUMO LA TERZA ASTA PER COMPRARE I SUOLI DEL QUARTIERE, AL FINE DI UN SUO RILANCIO. A PESARE SOPRATTUTTO LA MANCATA BONIFICA E IL RITARDO NELLA REALIZZAZIONE DEI LAVORI IN PROGRAMMA

“Ma che affare. Vendo Bagnoli, chi la vuol comprare?” cantava Edoardo Bennato. Peccato però che nessuno lo voglia. Eppure parliamo di un quartiere dalle grandi potenzialità turistiche, stuprato dalle industrie inquinanti che hanno sì portato lavoro, ma anche mietuto morti e distrutto l’ambiente. La terza asta indetta al fine di concedere a un’azienda la gestione dei suoli di Bagnoli, è andata infatti in fumo. Il quartiere è ancora degradato; molti lavori programmati non sono mai partiti.

L’ASTA - Per la terza volta il bando per la vendita dei suoli di Bagnoli non ha avuto esito. Dei quattro soggetti che avevano manifestato interesse all'acquisto - la CoopCasaBagnoli, l'Italrecuperi, l'azienda edile che fa capo ai Pacifico e un'impresa dell'area vesuviana - solo quest'ultima, hanno rivelato alcune fonti, ha inviato la busta. Ma l'offerta è stata immediatamente dichiarata inidonea dalla commissione di gara costituita dalla Bagnolifutura. Motivo: non risponde ai requisiti previsti dal bando. Il primo lotto, adiacente la Porta del Parco, ha una superficie di circa 16.000 metri quadrati e in esso ci sono molte case da costruire ma anche alcuni uffici, negozi e strutture di servizi. «Proprio per questo motivo come cooperativa - spiega Osvaldo Cammarota, presidente della CoopCasaBagnoli - non ce la siamo sentita di presentare l'offerta».

UN TIMIDO OTTIMISMO - I 21 milioni, prezzo fissato a base d'asta, sono indispensabile alla Stu presieduta da Omero Ambrogi per uscire dalla complessa situazione finanziaria in cui si dibatte da tempo e pagare i debiti accumulati, che ammonterebbero a oltre 300 milioni. Soldi che in parte la Stu sta cominciando a pagare attraverso accordi transattivi con i creditori. Ma l'ex magistrato che guida la società di trasformazione urbana controllata dal Comune è fiducioso: «L'esito della gara conferma certo il permanere di difficoltà che ancora non rendono pienamente appetibili i lotti messi in gara, ma, a differenza del passato, vi sono state quattro manifestazioni di interesse e un'offerta ritenuta inidonea solo perché formulata con modalità non corrispondenti a quelle previste dal bando». Secondo Ambrogi, le manifestazioni di interesse prima e l'offerta poi, sia pure da sola, dimostrano che, pur in un contesto di crisi del mercato immobiliare, ci sono soggetti interessati che percepiscono la convenienza di investire nell'acquisto dei suoli posti in vendita da Bagnolifutura. Ecco perchè il presidente di Bagnolifutura annunzia che a giorni sarà indetto un nuovo bando di vendita, il quarto, che tenga conto delle criticità manifestate da più parti. Apportando perciò ulteriori modifiche ai bandi precedenti, in primis la riduzione del 10% della base d’asta.

UN QUARTIERE ANCORA DEGRADATO- Probabilmente, alla base dell'ennesimo flop, c'è il fatto che da troppo tempo tutti i lavori nell'area sono fermi e le opere pubbliche non sono state avviate, al punto che il ministro Barca ha assegnato il bollino rosso al Turtle Point. Non sono entrati in attività il Centro Benessere, dato in gestione al gruppo Castiglione di Ischia, e la Caffetteria affidata a Vegezio. Così come langue ormai da mesi il Parco dello Sport. Ma, ciò che è più grave, è ferma la bonifica, che è ancora oggi al 65% dell'intera area e finora è costata circa 82 milioni. Cosi come dovrebbe finalmente essere avviato il cantiere del primo lotto del Parco urbano, finanziato con i fondi dell’Unione Europea, per il quale l’anticipo da parte della Regione Campania è già stato erogato. Ecco perchè Omero Ambrogi sostiene che «il completamento delle opere in corso, la prossima apertura di quelle già completate e l'inizio dei lavori del primo lotto del Parco Urbano saranno elementi d'incentivazione per gli eventuali nuovi investitori». Già, ma in che tempi?

Un’ottima occasione persa per il rilancio di Bagnoli è stata l’America’s cup. La Giunta de Magistris, all’indomani del suo insediamento, aveva provato a proporla come tappa per le qualificazioni. Ma la palese impreparazione dell’area, dovuta al malgoverno delle giunte precedenti, ha virato la scelta verso Venezia.
Basta guardare qualche foto del pontile di Bagnoli, unico lavoro portato a termine dal carrozzone pubblico di Bagnoli Futura spa, per rendersi conto della potenzialità della zona: http://lucascialo.blogspot.it/2012/04/il-pontile-nord-di-bagnoli-da-accesso.html

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PUGLIA REGIONE ALL’AVANGUARDIA SULLE RINNOVABILI


E’ LEADER ITALIANA NEGLI INVESTIMENTI SULL’EOLICO E SUL FOTOVOLTAICO

Sebbene gas e petrolio facciano ancora gola e siano preferiti ancora di gran lunga dalle superpotenze, le energie rinnovabili restano comunque il futuro. Per le risorse naturali a disposizione, l’Italia potrebbe (e dovrebbe) essere tra i Paesi a sfruttarle maggiormente; ma, manco a dirlo, si mostra ancora molto in ritardo in questo campo. Non mancano comunque eccezioni, come la Regione Puglia, che grazie alle politiche messe in piedi dalla Giunta Vendola in questi due mandati, ha investito al meglio i fondi europei messi a disposizione dal Programma Operativo Interregionale delle Energie Rinnovabili 2007-2013. Si tratta di 1,6 miliardi di euro a cui queste regioni possono attingere per migliorare la produzione di energia pulita e garantire l’efficienza energetica. Per i traguardi raggiunti, Nichi Vendola ha anche ricevuto un premio in Germania, Paese all’avanguardia in questo settore.

IL FOTOVOLTAICO - Nel 2012 i tecnici Enel hanno collegato alla rete pugliese circa 11.000 nuovi impianti per la produzione di energia elettrica da fonti a zero emissioni per una potenza di oltre 400 megawatt. Sono circa 33.000 gli impianti connessi alla rete elettrica a partire dal 2006, e la potenza complessiva sale a 3.250 megawatt. Prosegue dunque - lo dice una nota dell'Enel - il trend di crescita delle fonti rinnovabili in Puglia".
"In particolare gli allacciamenti riguardano per il 99% impianti fotovoltaici. Significativi i dati del 2012. Se è vero infatti che rispetto a 2010 e 2011 è diminuita la potenza degli impianti di produzione connessi alla rete elettrica gestita da Enel, il loro numero è rimasto pressoché invariato. Segno di una inversione di tendenza rispetto agli anni passati che vede preferiti impianti di piccola taglia per lo più installati sui tetti di edifici civili, commerciali o industriali".
Importante l'apporto di tutti i capoluoghi pugliesi e delle rispettive province. A guidare la classifica in termini di potenza installata è Foggia con 151 megawatt e 1.340 nuovi impianti. Segue Lecce con circa 120 megawatt e oltre 4.000 nuovi impianti. A Bari sono stati connessi circa 2.400 impianti per una capacità installata di circa 80 megawatt. A Taranto i tecnici Enel hanno collegato alla rete più di 1.500 impianti per una potenza complessiva che supera i 50 megawatt. Più di 1.100 gli impianti connessi alla rete a Brindisi per circa 15 megawatt mentre la Bat ha visto entrare in esercizio 300 nuovi impianti per circa 12 megawatt".
"Sono numeri importanti" sottolinea il responsabile Enel Infrastrutture e Reti Puglia e Basilicata, Roberto Zanchi. "Ogni giorno, se si considerano quelli lavorativi, nell'anno appena trascorso sono stati connessi alla rete elettrica gestita da Enel una media di circa 50 impianti. Questi dati offrono la dimensione del grande lavoro quotidiano svolto dal personale tecnico di Enel e dell'importante apporto offerto allo sviluppo di impianti energetici a zero emissioni nella regione".

L’EOLICO – Basta percorrere la Napoli-Bari per accorgersi, all’ingresso in Puglia, di quante pale eoliche già ci sono. In provincia di Foggia già diversi sono i parchi eolici ai quali si aggiungerà il Parco eolico Matisse. Esso sarà operativo entro il primo trimestre del 2013. Conterà 13 turbine eoliche dalla capacità di 3,0 MW, con una potenza complessiva di 39 MW. L’impianto eolico sarà allestito per volontà della Farpower S.r.l, della Whysol Investments, società specializzata nello sviluppo delle infrastrutture energetiche. Il parco eolico sarà ubicato nei Comuni di Candela e Ascoli Satriano, in provincia di Foggia. La consegna delle turbine eoliche è avvenuto a gennaio e l’impianto sarà già operativo a marzo. Ad assicurarlo è l’azienda Vestas, leader mondiale della distrubuzione e installazione di turbine eoliche. L’azienda si occuperà della fornitura, del trasporto, dell’installazione e della messa in servizio delle turbine.
La Vestas, inoltre, offrirà 15 anni di servizio e manutenzione secondo l’accordo di “Output Management Active”, questa clausula è rassicurante per i cittadini pugliesi che potranno contare su un impianto eolico funzionante a pieno regime per i prossimi 15 anni. L’impianto eolico Matisse Whysol porterà energia pulita alla Regione Puglia con forniture di energia elettrica per più di 85.000 abitanti. L’impianto eolico Matisse produrrà circa 100 GWh all’anno che corrispondono a un taglio annuale di 40 mila tonnellate di CO2. Fornirà elettricità pulita sufficiente a coprire il consumo residenziale di energia di oltre 85.000 italiani. Le turbine eoliche Vestas sono prodotte in varie parti del Globo, l’azienda può assicurare la fornitura italiana grazie a due impianti di produzione di pale qui a Taranto.

E’ TUTTO IL SUD IN CRESCITA - Secondo un rapporto dettagliato sulle risorse rinnovabili, redatto dalla fondazione “Cercare Ancora” e intitolato “Lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili nelle regioni del mezzogiorno”, è in corso un crescente aumento degli impianti di rinnovabili in tutta l’area meridionale d’Italia, con l’aumento dalle 39090 unità del 2010 alle 76000 del 2012, e la Puglia in particolare, con le sue 23000 unità, di cui 15000 aperte dal 2010 in poi, si pone a capo della tendenza crescente. Tendenza che caratterizza comunque anche tutte le altre regioni del Sud. In particolare l’energia eolica prodotta al Sud rappresenta l’88% di quella prodotta in tutta Italia, di cui il 25% proviene dalla sola Puglia; mentre per il fotovoltaico si ha il 32% totale e il 14% dalla sola Puglia.

Certo, non mancano polemiche sulla svendita di intere aree alle offshore straniere per costruire i parchi eolici o fotovoltaici; o sulla deturpazione dei paesaggi specie da parte delle pale eoliche che sono molto alte. Ma ogni cosa ha un contro e un prezzo. Anche l’energia pulita.

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open day medicina e qualche dubbio sul futuro

In questo ultimo periodo sto pensando sempre di piú al mio futuro e al desiderio  che ho di voler fare l' universitá  per studiare medicina, soprattutto da quando é uscita la notizia  che da quest' anno il test  d'ingresso si terrá a luglio e non piú a settembre. (cosa sulla quale non Sono molto d'accordo ma comunque..)..
 Ho deciso quindi di iscrivermi all' open day della facoltá di medicina alla Bicocca di Milano (sede di Monza) che si terrá il 22 marzo cosi inizio bene a farmi un'idea di come è strutturato  corso di studi e di tutto il resto.
Non nascondo che anche io che ero fortemente convinta di intraprendere la strada del medico ho avuto  di recente qualche momento di incertezza perché mi chiedevo se ne fosse valsa la Pena davvero.. Insomma, crescendo pensi alla voglia di farti Una famiglia, al bisogno di renderti anche indipendente senza pesare economicamente sui genitori per Ben 11 anni.. Ero indecisa se avrei retto il carico di studio e la clausura in casa a studiare quando  magari vorrei uscire.. Insomma, mi balenavano in testa le classiche domande  che chiunque si farebbe se dovesse decidere davvero che  cosa fare della propria vita.
dopo questo temporaneo  e strano momento di indecisione però, ho capito che vale la pena di intraprendere una carriera del genere. e soprattutto, vale la pena seguire i propri sogni e non passare una vita di rimpianti anche perchè non sono il tipo che sa vivere di quest'ultimi.  Non Li posso sopportare.  e non potrei sopportare di non aver mai provato a rendere possibile un sogno cosi grande. Per me vale la Pena provarci e cercare di passare quel dannato test.
Certo, non mi illudo di passare con certezza anche perché la % di chi passa non é affatto Alta sulla totalitá Dei ragazzi che affrontano il test ed io non sono wonder woman (purtroppo) peró sono disposta a fare  del mio meglio tanto che ho giá ripreso in mano i libri del biennio di chimica, biologia e fisica. Ho davanti  a me  circa un anno e mezzo di tempo per potermi preparare al test e spero di riuscirci. Se cosí non fosse mi prepareró un piano B.. Ma non voglio pensare a questo per ora.

Parlando di altro, le lezioni di centralino in croce rossa  stanno continuando bene cosi  come Sta andando bene e Sta crescendo l'amicizia tra me e le altre ragazze volontarie.. Ieri siamo anche uscite al cinema!
Che altro dire, anche la patente procede bene, mi esercito quotidianamente ai quiz e  e tra qualche settimana mi tocca la visita alla asl..
anche la scuola va bene, qualche insufficienza recente ma che posso tranquillamente recuperare. 
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SI STA CONCLUDENDO LA PEGGIORE CAMPAGNA ELETTORALE DEL DOPOGUERRA


TRA OFFESE, PROMESSE ASSURDE, BUGIE E MANCATI CONFRONTI

Con la fine del Governo Berlusconi e l’arrivo dei tecnici, si auspicava in un ritorno a una politica più sobria, molto diversa da quella degli ultimi vent’anni. E invece la campagna elettorale che si conclude oggi è stata perfino la peggiore in assoluto da quando è nata la Repubblica italiana. Il livello è sceso in modo vergognoso, colpa soprattutto dell’ennesimo ritorno del Cavaliere ma anche del linguaggio offensivo di Grillo. Gli altri candidati si sono adeguati, prestandosi a pagliacciate da avanspettacolo.

DALLA SEDIA SPOLVERATA ALL’IMU-  Di Berlusconi si ricorderanno, manco a dirlo, varie cose; ma su tutte forse tre in particolare: la sedia spolverata prima di sedersi perché ci si era appena alzato Travaglio; le battutine a doppio senso rivolte a una donna durante la presentazione di un prodotto ecologico; le lettere simil Agenzia delle entrate dove si promette la restituzione dell’Imu, che in alcune città hanno già causato file agli sportelli dei Caf da parte dei soliti creduloni.

I CANI – Bersani, Berlusconi e Monti hanno utilizzato i cani per incassare le simpatie degli elettori. La storia più assurda, come noto, è quella del cane Empy messo in braccio a Monti da Daria Bignardi: lei fa il suo mestiere, lui un po' meno e prova una "operazione simpatia", non si sa se e quanto riuscita. Ad aggravare la scenetta anche un boccale di birra offerto al Professore della Bocconi; il tutto per renderlo più umano.

VIDEO OMOFOBO – Due candidati padovani di Fratelli d’Italia hanno inscenato un video coi cartelloni come quello di una coppia gay a Sanremo. Su uno di essi c’era scritto “non votare con il culo”. Pronte le scuse della coppia Meloni-Crosetto. Basterà?

IL GIAGUARO DI PELUCHE – Col suo eterno Porta a porta, Vespa dona a Pierluigi Bersani un giaguaro di peluche, dato che il leader piacentino aveva minacciato “smacchieremo il giaguaro”, riferendosi a Berlusconi. In qualche puntata precedente, il conduttore lo aveva commosso con alcuni filmati d’epoca. Insomma, ha puntato sulla tenerezza.

GIANNINO TRA LAUREE E ZECCHINO D’ORO- Il caso del finto master di Oscar Giannino è una pugnalata dell'ex amico Zingales a cinque giorni dalle elezioni, ma scatena anche l'outing di Giannino che di finto ha anche la laurea. Troppo per un candidato che ha basato tutta la campagna sulla meritocrazia e la trasparenza. Inoltre, è emerso che l’economista abbia pure mentito su una partecipazione allo Zecchino d’oro. Fare…una figuraccia.

GRILLO SFUGGE ALLA TV – Beppe Grillo è stato di parola e in Tv non ci finisce. Si era parlato di Cielo ma poi ha rinunciato all’ultimo momento. Peccato. Sarebbe stato bello potergli porre qualche domanda, sottoporlo a un contraddittorio. E invece dobbiamo accontentarci dei suoi show dai palchi. In fondo la tv lo ha lanciato al grande pubblico anni fa e la sua popolarità anche come politico la deve pure alle tv che trasmettono spezzoni dei suoi interventi in pubblico.

NESSUN CONFRONTO TRA I LEADER– Nonostante tutte queste squallide sceneggiate, tra i candidati premier non c’è stato alcun confronto diretto. Berlusconi lo avrebbe voluto solo con Bersani, Monti con loro due e Bersani con tutti e sei. Risultato: non abbiamo alcun metodo di paragone. Ognuno ha detto la propria, separatamente, senza contraddittorio. L’Italia si dimostra ancora una volta un Paese lontano dalle altre democrazie occidentali. 
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ECCO CHI POTREBBE ESSERE IL PROSSIMO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


I PRINCIPALI CANDIDATI DI SINISTRA, CENTRO E DESTRA

Il mandato di Giorgio Napolitano sta volgendo al termine. Non poche le critiche subite in questi anni. Del resto la sua nomina non è stata facile, essendo avvenuta dopo ben quattro scrutini (i precedenti sono stati Einaudi e Gronchi). In fondo ad eleggerlo è stato un Parlamento alquanto equilibrato, specie al Senato; e le difficoltà del Governo Prodi, durato solo due anni, sono un fedele specchio di questa situazione. 
Napolitano è stato “tirato spesso per la giacca” sia dal centro-destra che dal leader dell’Idv Antonio Di Pietro, e da qualche anno anche dal galoppante Grillo. Le accuse rivoltegli sono state paradossalmente opposte: o lo si criticava di mettere il bastone tra le ruote al Governo Berlusconi, o, viceversa, di firmargli tutti i provvedimenti facilmente. Ma entrambi queste fazioni gli rinfacciano anche il fatto di aver spinto per la nascita di un governo tecnico guidato da Monti.
Tra le ultime critiche inflittegli, figurano quelle relative alla richiesta di cancellazione delle intercettazioni che lo riguardano nella “trattativa Stato-Mafia”, ma anche l’invito a non parlare dello scandalo Monte dei Paschi di Siena in vista delle elezioni; in quest’ultimo caso soprattutto perché esso riguarda principalmente il suo partito di provenienza. Pertanto è stato accusato di parzialità.

UN PARLAMENTO FRAMMENTATO - Comunque, se la nomina di Napolitano è stata difficoltosa, probabilmente lo sarà ancora di più la prossima; almeno stando a come i sondaggi proiettano il prossimo parlamento. Se alla Camera il Partito democratico dovrebbe godere di una buona maggioranza di seggi, tante sono le forze in campo date sotto il 20%. Una frammentazione molto alta che non farà di certo mettere d’accordo facilmente le forze in campo. Basti poi pensare al grande successo che dovrebbe avere Grillo, all’ostilità del Pdl che non vorrebbe certo un altro Presidente proveniente da sinistra, o altri partiti non facilmente convincibili quali Rivoluzione civile e Lega. Vediamo quali sono i nomi papabili.

QUELLI DI SINISTRA – Tra i nomi che circolano a sinistra, i più possibili sono quelli di Romano Prodi e Giuliano Amato, poiché godrebbero di aperture di credito almeno dal centro. Se su Giuliano Amato ho già detto, Prodi come politico ha avuto poco tempo per farsi valere, essendo durato per due volte solo due anni, avendo avuto sempre a disposizione maggioranze variegate e litigiose.
Si è rifatto anche il nome di Massimo D’Alema, già accantonato nel 2006. Più difficile la nomina di Luciano Violante, ex Pm e diessino della prima ora.

QUELLI DI DESTRA – Se impossibile e pittoresca è l’idea di vedere Berlusconi al Colle, molti più crediti risulta avere Gianni Letta, mediatore apprezzato da più parti e considerato il consigliere di buon senso del Cavaliere (anche se forse da un po’ non lo ascolta più). Un altro nome presentabile è quello di Raffaele Pisanu, pure stimato da più parti per il suo moderatismo e buon senso. Qualche possibilità potrebbe averla Renato Schifani, ma considerando il futuro peso del Pdl in Parlamento, è alquanto improbabile che diventi Presidente della Repubblica.

QUELLI DEL CENTRO – Mario Monti era il prossimo Presidente della Repubblica designato. Poi la scelta di “salire in campo” e di inimicarsi sia destra che sinistra, ha bruciato questa possibilità. Nel piccolo centro, a questo punto, forse solo i leader dei due suoi partiti alleati potrebbero avere qualche chance: Casini e Fini. I quali, se non altro, hanno dalla loro un’età relativamente giovane; ma un seguito parlamentare quasi nullo.

LE DONNE – Un Presidente della Repubblica donna è una suggestione accattivante, e chissà che non fosse la volta buona. Dal ’99 si fa il nome di Emma Bonino, ma la sua irrinunciabile militanza radicale la rende ostile ai centristi e alla destra conservatrice. Qualche chance potrebbe averla Rosi Bindi, il cui nome pure sta circolando. Fosse la volta buona?
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LA VERGOGNOSA PARENTOPOLI NELLE UNIVERSITA’ ITALIANE


IN MOLTI ATENEI ESISTONO VERE E PROPRIE DINASTIE. DUE RICERCHE CERTIFICANO QUESTO DATO TRISTEMENTE NOTO

L’Università italiana, come tutte le altre istituzioni e società pubbliche, è stata spartita dai potenti locali per piazzarci parenti e amici. Mentre chi non ha santi in Paradiso è costretto ad espatriare per ottenere la tanto meritata e agognata cattedra o un assegno di ricerca. Non meravigliamoci poi se non ci sono fondi a disposizione e se ci sono esuberi. Talvolta vengono create delle materie “ad hoc” per generare nuove cattedre da attribuire al raccomandato di turno. Le quali, il più delle volte, finiscono per avere meno di dieci studenti all’anno.
Questa che è una triste realtà nota, è stata certificata da due ricerche del 2010 e del 2012, elaborate da un ricercatore e da un tesista che hanno incrociato i dati statistici relativi ai cognomi presenti. Il margine di errore relativo all’omonimia dei cognomi viene colmato dal fatto che altri raccomandati non portano lo stesso cognome dei raccomandatari.

BARI, CAPITALE DEL NEPOTISMO- Gianmarco Daniele, aveva presentato a Bari, capitale del nepotismo accademico italiano, una tesi di laurea: "L'università pubblica italiana: qualità e omonimia tra i docenti", una ricerca nata per raccontare come le università italiane siano in mano a un gruppo di famiglie. E per documentare come esista un nesso scientifico tra nepotismo e il basso livello della didattica e della ricerca. Daniele ora è all'estero, con una borsa di studio europea.
A Bari, nella facoltà di Economia, la stessa dove si è laureato Daniele, è cambiato poco. L'economista Roberto Perotti, italiano formatosi al Mit di Boston, in un saggio del 2008 "L'università truccata" (Einaudi) aveva indicato quello come il caso limite, "tanto incredibile da raccontare in tutto il mondo". A Economia 42 docenti su 176 hanno tra loro legami di parentele, il 25 per cento, record assoluto in Italia. I leader indiscussi a Bari e in Italia nella classifica delle famiglie restano così i Massari. Commercialisti affermati, con un passato nel Partito socialista di Craxi, in cattedra hanno almeno otto esponenti, tutti economisti. Uno di loro doveva essere anche in commissione durante la laurea di Daniele, peccato che quel giorno avesse un impegno. "Abbiamo vinto tutti concorsi regolarissimi", rispondono loro, quando vengono tirati in ballo. I capostipiti della dinastia sono i tre fratelli, Lanfranco, Gilberto e Giansiro, che hanno in mano il dipartimento di Studi aziendali e giusprivatistici e, seppur nell'ombra, l'intera facoltà. Le nuove leve sono invece Antonella (ordinaria a Lecce), Stefania, Fabrizio (tutti e tre figli di Lanfranco), Francesco Saverio e Manuela. A fare concorrenza ai Massari, in facoltà, c'è la famiglia Dell'Atti (6) e quella dell'ex rettore Girone, con cinque parenti in cattedra: ci sono Giovanni e la moglie Giulia Sallustio, ormai in pensione, il figlio Gianluca, la figlia Raffaella e il genero Francesco Campobasso. A Foggia conta ancora molto la dinastia dell'ex rettore, Antonio Muscio, secondo con 7 parenti nella top ten nazionale con la new entry Alessandro, assunto nell'ultimo giorno di rettorato del papà e nella sua stessa facoltà, Agraria. Nell'ateneo lavoravano anche mamma Aurelia Eroli (dirigente amministrativa, ora in pensione), la figlia Rossana, la nipote Eliana Eroli, il genero Ivan Cincione e la sorella Pamela.

ROMA E PALERMO - A Roma le grandi casate sono due: i Dolci e i Frati. Un figlio di Giovanni Dolci, uomo chiave dell'odontoiatria italiana, è Alessandro, ricercatore a Tor Vergata. La moglie, Alessandra Marino, è ricercatrice alla Sapienza. Dove lavora anche il genero di Dolci, Davide Sarzi Amedè, marito di Chiara, a sua volta odontoiatra al Bambin Gesù. Un altro figlio di Dolci, Federico, lavora a Tor Vergata, mentre Marco è ordinario a Chieti. Accanto a papà Frati invece c'è sua moglie Luciana Angeletti e sua figlia Paola (insegnano a medicina, ma non sono medici) e il figliolo Giacomo.
Sempre molto forti le famiglie a Palermo, come aveva avuto modo di accorgersi Norman Zarcone. Il record è dei Gianguzza, cinque tra Scienze e Medicina. Ma le dinastie palermitane sono cento, sparse in tutte le facoltà, per un totale di 230 docenti "imparentati". Economia è il regno dei Fazio (Vincenzo, Gioacchino, Giorgio), a Giurisprudenza ci sono i Galasso (Alfredo, il figlio Gianfranco, la nuora Giuseppina Palmieri), a Lettere i Carapezza (i fratelli Attilio e Marco, ora associato, il cugino Paolo Emilio, suo figlio Francesco), a Ingegneria (18 famiglie, 38 parenti) i Sorbello o gli Inzerillo, a Matematica i Vetro (Pasquale, la moglie Cristina, il figlio Calogero), Agraria è nelle mani di 11 nuclei familiari.

LE ALTRE - Molto superiori alla media sono anche la Federico II di Napoli, Palermo, Bari, Caserta, Sassari e Cagliari.

LE VIRTUOSE - Le più virtuose sono invece Trento, Padova, il Politecnico di Torino, Verona, Milano Bicocca.

UN’ALTRA RICERCA - Stefano Allesina, ricercatore italiano rifugiatosi a Chicago,  ha deciso che doveva mandare di traverso qualche boccone a un po’ di professori, e così ha creato un programma statistico che analizza la ricorrenza dei cognomi nelle universita’ italiane.
Primo passo è stato quello di utilizzare tutti i nomi di professori e ricercatori (61.000 per la precisione) presi dal database del Ministero dell’Istruzione. In seguito Allesina ha caricato tutti i cognomi su un programma (creato da lui) che ha analizzato statisticamente la ricorrenza dei cognomi (naturalmente il programma teneva conto dei cognomi molto diffusi: Rossi, Bianchi, etc…).

LE FACOLTA’ DOVE IL NEPOTISMO E’ PIU’ PRONUNCIATO - Ebbene da questo infinito calcolo (1 milione di incroci ripetuto per ventotto settori disciplinari) si è scoperto che le facoltà che soffrono maggiormente di nepotismo sono: Ingegneria Industriale, Legge, Medicina, Geografia e Pedagogia.
Questa la Top 10 degli Atenei con più parenti:
1° Libera Università Mediterranea «Jean Monnet», Casamassima, Bari
2° Sassari
3° Cagliari
4° Suor Orsola Benincasa – Napoli
5° Catania1,056°Uke – Enna
7° Università della Calabria
8° Messina
9° Mediterranea di Reggio Calabria
10° Roma «Foro Italico»

GLI OVER 70, UN ALTRO MALE - Molti docenti con più di 70 anni ricorrono ai tribunali amministrativi per posticipare il loro pensionamento, accelerato da una norma voluta dall'ex ministro Fabio Mussi. Questo è un altro ostacolo per chi aspira a fare il docente o il ricercatore, poiché non si liberano posti nuovi. I quali sarebbero comunque colmati dai loro figli o nipoti.
Vuole rimanere in servizio Emilio Trabucchi, ordinario di Chirurgia e presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano. Nipote dell'omonimo luminare della Biomedicina e deputato Dc morto nel 1984, Trabucchi ha due nipoti nell'università, Emilio Clementi, straordinario nel dipartimento di Scienze precliniche "Lita Vialba", e Francesco Clementi, ordinario di Farmacologia. "Abbiamo specializzazioni diverse. E in tutti i casi parlano le pubblicazioni", precisa Trabucchi. Ha scelto di ritirarsi, invece, Vittorio La Grutta, nobiltà accademica palermitana: medico il nonno, professore il padre, rettore il fratello (dell'ultima leva è rimasta la figlia, Sabina, psicologa).
A Sassari resistono al pensionamento Mariotto Segni (il cui padre, Giovanni, oltre che presidente della Repubblica è stato rettore) e Giulio Cesare Canalis, il papà della showgirl Elisabetta, direttore della Clinica radiologica. Ma soprattutto l'ex rettore Alessandro Maida, tuttora potentissimo - spinge per bandire 52 concorsi - e ancora per un po' collega dei figli Carmelo e Ivana, piazzati nella sua facoltà, Medicina, del cognato, Giorgio Spanu, della moglie Maria Alessandra Sotgiu, e di altri nipoti e cugini. A Udine, dopo la fusione tra ospedale e università, sono stati nominati i nuovi direttori di dipartimenti. Nessuna sorpresa: i manager, ben pagati, sono tutti baroni di lungo corso come l'ultrasettantenne Fabrizio Bresadola, che ha piazzato il figlio Vittorio, la nuora Maria Grazia Marcellino e un altro figlio, Marco. Laureato in Filosofia ma non per questo escluso: insegna storia della Medicina.

Non ci meravigliamo dunque se i cervelli italiani fuggono all’estero. O, come nel caso di Norman Zarcone, si suicidano.

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