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SALICELLE, IL QUARTIERE DIMENTICATO DA DIO



SI PARLA TANTO DI SCAMPIA, MA IN PROVINCIA DI NAPOLI CI SONO ALTRI AGGLOMERATI URBANI DEGRADATI

I quartieri popolari sono nati per dare un tetto ai meno abbienti o ai terremotati. Ma finiscono per diventare veri e propri ghetti. Tappeti dove seppellire la polvere da non far vedere nei centri urbani, dove giungono turisti o vive la borghesia. Ciò avviene in tutti i Paesi del Mondo e a Napoli ce ne sono diversi, specie nelle periferie. Si parla tanto di Scampia, dimenticando la vicina Chiaiano, o quelli a est della città come a Ponticelli, Barra e San Giovanni; dove povertà, degrado e delinquenza regnano sovrani. Nella provincia i più grandi sono il quartiere Salicelle ad Afragola e il Parco verde a Caivano.
Per quanto concerne il primo, agghiacciante è un’intervista a don Ciro Nazzaro, prete da anni impegnato con i suoi volontari per arginare il degrado dilagante snobbato dalle autorità locali, che utilizzano le 2.500 famiglie ivi residenti solo come pozzo da cui attingere voti. A dirlo lo stesso don Ciro nella sua intervista a Il Denaro.

L’INCESTO ACCETTATO - “Vengono da me le ragazzine. Alcune hanno quindici, sedici anni. Sono incinte del loro padre. Rimango sconvolto dinanzi ai loro racconti, ma la risposta al mio stupore è quasi sempre uguale: ‘Meglio mio padre, almeno so chi è’. Questa è la realtà qui. L’incesto, lo stupro, sono fenomeni che mi addolorano, ma non mi stupiscono. Il più delle volte la ragione è semplice: gli uomini dimostrano così la loro virilità. E l’esperienza si tramanda. Un ragazzino che ha visto con i suoi occhi questi fatti finisce, appena raggiunta la maturità sessuale, con l’imitare le azioni del padre. Se non s’interrompe questo tragico circuito, non cambierà la situazione”.

CHI SONO GLI ABITANTI DI SALICELLE– “Si tratta di 2.500 famiglie, d’età media compresa tra i 28 e i 30 anni (ci sono anche diverse famiglie di diciassettenni). Sono tutti ex abitanti delle aree colpite dal terremoto del 1980. Vengono da Secondigliano, da San Pietro a Paterno dal Centro storico di Napoli e ancora oggi, dopo trent’anni, faticano a identificarsi col quartiere; ancora oggi, qualcuno preferisce andare a messa o sposarsi nelle parrocchie dalle quali proviene. Noi questo facciamo: tentiamo di costruire un habitat all’interno del quale creare dei legami, delle appartenenze”.

PEGGIO DI SCAMPIA – “Abbiamo fatto molte cose, ma sono ancora troppo poche. Questo è un posto abbandonato. Qui non c’è una fermata d’autobus. Qui, da un recente studio, il 40 per cento delle persone s’ammala di cancro: sono i numeri d’una guerra. A Salicelle non è prevista la manutenzione delle fogne: quando c’è un guasto alla rete bisogna chiamare, pregando che qualcuno intervenga. Per è me è peggio di Scampia. Mentre lì la gente mette la spazzatura sul margine della strada, aspettando che qualcuno passi a raccoglierla, da noi i sacchetti si buttano dalla finestra: il distacco dalla cosa pubblica è totale, il concetto di bene collettivo, inesistente. Ma nonostante questo qualcosa si muove”.

QUALCHE INIZIATIVA POSITIVA – “Inaugureremo a metà febbraio un centro polifunzionale all’interno del quale è prevista una parafarmacia. E’ una grande novità: nel quartiere non c’è nessun presidio sanitario. Si aprirà presto un commissariato di polizia e devo dire che anche il comando dei vigili urbani si dà da fare per creare un minimo di servizi. Con l’inizio dell’anno scolastico in corso, è partito un servizio di navette gratuito per i bambini. Anche se già a Natale l’hanno interrotto”.

LE ELEZIONI SONO UN AFFARE – “E’ sempre così, in vent’anni ho visto in azione sette-otto amministrazioni, ma i partiti si fanno vivi solo di questi tempi. In questo quartiere i votanti sono circa tremila, un bacino di preferenze niente male. E non c’è ragione di migliorare le condizioni di vita della gente: tenendo questi abitanti in povertà, è più facile ottenere da loro consenso.
Qui si sono comprati voti per 5 euro, il prezzo di mezzo chilo di carne. Poi, mano mano che ci si avvicina alle urne, i prezzi salgono, arrivano a 50 euro. E’ così. E badi è così non da ora, ma da anni. Ed è così per tutti, non faccio differenze di colore politico”.

DROGA COMPRATA ALTROVE – “Vede, qui di droga non ne gira. I clan hanno altri affari, si occupano d’estorsioni, per lo più. Questa, per altro, anche dal punto di vista dell’organizzazione criminale è una terra particolare. Il potere è dei Moccia e la reggente è una donna. Nel quartiere è vietato spacciare, i tossicodipendenti che abitano a Salicelle comprano la roba altrove e devono stare attenti a non farsi beccare. Nonostante questo, si muore d’eroina. Il centro polifunzionale avrà pure un consultorio: sono dialogo, cultura, educazione i valori da spingere. Serve tempo e ripeto, l’aiuto di tutti”.
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API A RISCHIO ESTINZIONE, I PERICOLI PER L’UMANITA’


IN EUROPA A PARTIRE DAGLI ANNI ’60 IL LORO NUMERO E’ GRADUALMENTE DIMINUITO A CAUSA SOPRATTUTTO DEI PESTICIDI E DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI

"Se dovessero sparire le api dalla superficie della Terra, all'uomo non rimarrebbero più di quattro anni di vita. Senza le api non si ha impollinazione e quindi l'uomo sarebbe condannato all'estinzione!" diceva Albert Einstein un bel po’ di anni fa. I rischi a quanto pare oggi ci sono tutti, considerando che a partire dagli anni ’60 in tutti i Paesi europei il numero di api è drammaticamente diminuito, con seri pericoli per l’uomo, in quanto la loro scomparsa o sensibile decimazione comporterà l’imminente collasso del sistema dell'impollinazione che avrà conseguenze catastrofiche anche nelle coltivazioni.

LA GRADUALE ESTINZIONE -  Dal 1965 ad oggi, nell'Europa centrale, il numero di alveari si è ridotto in maniera drammatica. Nel Regno Unito, le api da miele, come anche le api selvatiche e le mosche bianche, stanno letteralmente lottando per la sopravvivenza. Nella Repubblica ceca, Norvegia, Slovacchia e Svezia è stato osservato un affievolirsi dei numeri dal 1985. In Italia le api sono già diminuite del 40-50%. Qui si impiega oltre un terzo del totale degli insetticidi utilizzati nell'intera Europa. In Italia nel settore dell'apicoltura operano ben 50.000 apicoltori, con 1,1 milioni di alveari, per un business di 60 milioni di euro, che arriva a 2,5 miliardi se si considera il servizio di impollinazione fornito dalle api all'agricoltura.

LE CONSEGUENZE - Oltre un terzo delle coltivazioni da cui dipende la nostra alimentazione sono impollinate attraverso il lavoro delle api: mele, pere, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori,  zucchine, soia e girasole. Come pure la grande maggioranza delle colture orticole da seme, come l'aglio, la carota, i cavoli e la cipolla.
Ma le api sono utili anche per la produzione di carne, grazie all'azione impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere da seme come l'erba medica e il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli animali da allevamento.
Se le api scompaiono saremmo costretti ad impollinare a mano molte coltivazioni,  come gia' accade in certe zone della Cina in cui le api sono ormai estinte. Ogni giorno migliaia di braccianti agricoli si armano di piccoli pennelli e salgono sugli alberi per fare il lavoro delle api: una situazione apocalittica ben descritta dal  documentario americano "Silence of the bees" (Il silenzio delle api). La conseguenza inevitabile sarebbe ovviamente una folle impennata dei prezzi di frutta e verdura: una mela cosi' prodotta potrebbe costare anche 50 euro.

BAYER E SYNGENTA COLPEVOLI DELLA LORO ESTINZIONE - La Bayer e la Syngenta sono rispettivamente produttori e distributori di potenti pesticidi a base di clothianidina. I principi attivi di questi pesticidi mandano in tilt il sistema nervoso dei preziosi insetti. Le api non riescono così a fare ritorno agli alveari e vanno incontro a morte certa. Negli anni duemila metà delle api sono scomparse e già in altri paesi la Bayer potentissima multinazionale tedesca, leader in più settori (salute, agricoltura, polimeri, chimica) con vendite stimate oltre i 30 miliardi di dollari è stata chiamata in causa.”Secondo il Centro di ricerca sulle piante coltivate, 29 su 30 api esaminate erano morte dopo essere entrate in contatto con la sostanza incriminata, che insieme all’imidaclopride viene usata nella coltivazione della rapa, della barbabietola da zucchero e del mais(aggiungo i vigneti e agrumeti). I due insetticidi vengono esportati in 120 paesi, con il risultato che la Svizzera si è ritrovata con il 25% di api in meno, e l’Italia, la Germania e la Francia con metà delle api morte; in Francia, dove l’imidaclopride è vietata dal 1999 e l’approvazione della clothianidina è stata appena respinta, in dieci anni sono morte 90 miliardi di api, con un calo della produzione di miele attorno al 60%). Il fenomeno si è registrato anche negli Stati Uniti con proporzioni ancora più catastrofiche: 60-70% di api morte.
E proprio negli Stati Uniti si palesa la capacità corruttiva del gruppo grazie ad una nota interna dell’EPA, resa pubblica da WikiLeaks, la quale conferma che l’Agenzia Ambientale statunitense EPA, ha ignorato gli avvertimenti dei suoi stessi scienziati, in aperta collusione con la Bayer, per autorizzare illegalmente la clothianidina, l’insetticida che ha consentito così al colosso della chimica di realizzare un business di 183 milioni di € (circa 262 milioni di $) nel solo 2009.

Insomma, se dovessero sparire le api la scomparsa del miele sarebbe solo l’ultimo problema. Sparirebbero molti prodotti agricoli e sarebbe reso problematico pure l’allevamento di bestiame. Einstein purtroppo aveva ancora una volta tragicamente ragione.

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MENTRE L’IKEA SI ESPANDE, I MOBILIFICI ITALIANI AFFONDANO


MENTRE L’AZIENDA SVEDESE CONTINUA AD AUMENTARE I PROPRI UTILI ANNO PER ANNO, SONO MIGLIAIA I NEGOZI CHE CHIUDONO OGNI ANNO

Volenti o nolenti sono in tanti a rivolgersi alla multinazionale svedese dell’arredamento IKEA per arredare casa. Forse non è ancora un’abitudine per i giovani sposi, che preferiscono ancora rivolgersi ai tradizionali negozi di mobili per il primo arredamento; ma sicuramente lo è per quanti devono acquistare una scrivania, un mobiletto, un guardaroba, un poggiascarpe, una libreria o magari rinnovare tutto per il proprio arredamento dopo anni. Il sicuro risparmio – controbilanciato dal doversi costruire le cose da solo – e la discreta qualità fanno sì che l’IKEA sia sempre più diffusamente preferita al mobilificio tradizionale, con il risultato che, mentre la multinazionale svedese registra ogni anno aumenti di utile (lo scorso anno è stato particolarmente positivo) e nuove sedi in tutto il Mondo, di contro sono migliaia i mobilifici tradizionali costretti a chiudere. E’ la dura legge del mercato: chi piange e chi ride.

I NUMERI IKEA – IKEA ha chiuso il 2012 (esercizio terminato ad agosto) con un utile netto in rialzo dell'8% a 3,20 miliardi di euro su un fatturato in progresso del 9,8% a 27,6 miliardi grazie alla crescita sia nei mercati maturi sia emergenti. Ikea, si legge in una nota, ha realizzato la sua piu' forte crescita dall'esercizio 2005-2006. "In tempi difficile sul piano economico - afferma il colosso svedese - Ikea e' ancora piu' conforme a molte persone".
Il gruppo ha anche visto espandersi il suo patrimonio in titoli e contanti, a 17,9 miliardi di euro il 6 per cento rispetto ad un anno prima. L'Europa rappresenta il 70% del giro d'affari del gruppo (78% includendo la Russia), l'America del Nord (16%9 e Sia e AUtralia (+8%) che impiega 139 mila persone del mondo e conta 298 magazzini in 26 Paesi.

L’ESEMPIO DEI MOBILIFICI TREVIGIANI– Un esempio su tutti. I mobilifici del Quartier del Piave travolti dalla crisi: negli ultimi quattro anni hanno chiuso in 53, più di un’azienda al mese. Aumentano le ore di cassa integrazione, diminuiscono i posti di lavoro. Non inganni il calo della cassa integrazione straordinaria, meno 40 per cento da gennaio-agosto 2011 a gennaio-agosto 2012: «È solo perché le aziende chiudono e dalla cassa straordinaria si passa alla mobilità» spiega Francesco Orrù, segretario generale di Filca Cisl Treviso.
A livello provinciale, nei primi otto mesi dell’anno sono state autorizzate 273 mila ore di cassa ordinaria, il 52 per cento più dell’anno scorso. Di queste, il 23,6 per cento riguarda proprio il settore del mobile. Dove anche l’emorragia di posti di lavoro è più forte: tra luglio 2011 e giugno 2012 sono rimaste a casa mille seicento persone. Il miracolo economico, da tempo divenuto uno sbiadito ricordo, negli 11 Comuni del distretto del mobile si è trasformato in un incubo. Nel 2008, l’ufficio Studi e Ricerche della Camera di Commercio registrava, nel Quartier del Piave, 370 aziende del settore del mobile. A dicembre 2011, le aziende registrate erano 317: tra fallimenti e cessazioni volontarie, hanno chiuso in 53.
Il 2012 ha confermando il trend negativo: decine di piccole imprese, con due o tre dipendenti, hanno già chiuso, accanto ai fallimenti di realtà storiche come la Solplac di Follina. A luglio erano 571 i lavoratori per cui è stata presentata richiesta di cassa integrazione straordinaria. Franco Lorenzon, segretario generale Cisl Treviso, spiega cosa servirà agli imprenditori per uscire dallo stallo: «Il settore del legno per la prima volta è stato investito in modo brutale da un processo di trasformazione strutturale. Per rimanere a galla ed essere competitive in un mercato sempre più globale, le aziende devono affrontare una variazione di scala e investire sull’innovazione.

Se la situazione è drammatica in quel di Treviso, dove il contesto economico ancora galleggia, non è difficile immaginare come siano messi i mobilifici al sud. Le chiusure sono all’ordine del giorno, e qui a mettersi di traverso non sono solo la concorrenza spietata dell’IKEA e una situazione economica difficile, ma anche le pressioni delle criminalità organizzate.

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chiacchiericci inutili

sta sera sono stata alla prima lezione di patente insieme alla mia migliore amica e abbiamo iniziato con i cartelli stradali che segnano la precedenza..per ora non mi sembra difficile poi mi eserciterò tanto con i quiz e sicuramente tra 6 mesi ( limite massimo) sarò in grado si sostenere l'esame teorico.
la scuola va bene, ci sono due interrogazioni importanti in ballo che mi preoccupano un po ma spero di prendere almeno il minimo sufficiente a far si che non abbia quelle materie sotto il 6.
sempre per quanto riguarda la scuola oggi si è parlato delle materie d'esame che sono uscite all'esame di stato per quanto riguarda il nostro indirizzo ed erano esattamente 12 anni che non uscivano all'orale inglese e francese da commissione esterna..mi mette un'ansia parlare di esami adesso.. ma manca veramente poco. un anno in effetti ma comunque poco.

oggi che ero in riposo pomeridiano dallo studio sono andata anche  in un negozio di fornitori per parrucchieri ed ho comprato la nuova tinta perchè ormai i miei capelli non erano più rossi... ma arancioni! aveva scaricato troppo il colore.. ora invece è qualcosa di decente. non nascondo che avrei voluto fare un rosso che tendeva al fuxia ma i miei genitori non erano molto d'accordo.
sempre oggi poi, i miei genitori sono andati ad informarsi per i passaporti ed entro qualche settimana dovrei andare a farli alla polizia per  poi spedirli  a Make A Wish che provvederà all'intera realizzazione del desiderio.. speriamo bene!!!
beh, questo post in effetti è poco interessante e  piuttosto inutile ma in questi giorni non trovo il tempo materiale di scrivere.. mi farò perdonare.
ora vado a ripassare diritto che domani potrei avere l'interrogazione e dopo mi guarderò la 12esima puntata di Gray's Anatomy in americano ma sottotitolata.. buona serata a tutti! 
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IL QUARTIERE TIBURTINA E’ L’EMBLEMA DI COME IL GIOCO D’AZZARDO STIA DILAGANDO PERICOLOSAMENTE


AL POSTO DELLE VECCHIE FABBRICHE STANNO APRENDO SALE DA GIOCO

Il gioco d’azzardo è diventato la terza industria italiana, dopo Eni e Fiat e pesa per il 2% sul PIL. Con le liberalizzazioni varate nell’agosto 2011 dal Governo Berlusconi, aprire slot machine e luoghi di perdizione è ancora più facile; ma, di contro, le vincite sono anche maggiormente tassate. Ciò in parole povere vuol dire che lo Stato incassa molto di più dall’illusione degli italiani, che buttano ogni giorno fior fior di euro in macchinette e “gratta e vinci” vari ed eventuali. In pratica, li tenta di più e al contempo preleva anche di più dalle loro vincite. In realtà si sta sviluppando anche il fenomeno del gioco d’azzardo in nero, con macchinette illegali non registrate per mezzo delle quali lo Stato non percepisce neppure un euro.
Inevitabile dunque che sale da gioco, segnalate con insegne luminose e colorate per attirare l’attenzione dei disperati, proliferino in tutto il Paese, con quartieri abbandonati che si stanno trasformando in piccole Las Vegas. Un esempio lampante è la zona ex industriale a est di Roma, il quartiere Tiburtina, dove gli edifici delle ex fabbriche sono sostituiti da illuminati luoghi di perdizione.

COME SI STA TRASFORMANDO TIBURTINA- Il cuore della cittadella del gioco d'azzardo è nel tratto di Tiburtina compreso fra San Basilio e il Raccordo Anulare. I casinò sono vicini di casa della sede del V Municipio. La prima sala da gioco, andando fuori Roma, è sulla destra: al 1110 c'è Punt'Otto. L'insegna sulla strada a discreta, ma l'ingresso è su una stradina laterale. E qui il cancello è dominato da vistosi cartelloni pubblicitari con donne ammiccanti in abiti succinti e lo slogan «play and resort», cioè gioca e rilassati. La costruzione era un piccolo sito industriale riadattato per l'occasione.
Avanzando sulla Tiburtina, sulla sinistra, dopo poche decine di metri ecco le insegne luminose di Royale, edificio basso che richiama anche nel cartellone pubblicitario il celebre film Casino Royale della saga di James Bond. Quasi attaccata c'è una costruzione appena più alta, ma decisamente più luminosa: è il Dubai Palace, del quale è annunciata la «prossima apertura».
Tornando verso il centro di Roma, all'angolo con via di Pietralata, davanti alla caserma Ruffo, l'immensa sala giochi Las Vegas ha occupato un vecchio capannone commerciale. Il bar all'angolo, oltre a servire colazioni e pasti veloci, offre un'attrezzata sala di slot machine dedicata chissà mai perché a Cleopatra. Sullo stesso lato della Tiburtina, andando verso il centro, il Manhattan Caffè, insegne tutt'altro che discrete, promette il brivido delle slot machine e delle videolotterie, mentre poco più avanti sulla sinistra, all'altezza di via dei Cluniacensi, ha aperto un'altra immensa sala giochi.

CHI C’E’ DIETRO? - Chi c'è dietro questo business che in questo quadrante della città sta prendendo il posto di attività commerciali tradizionali ma anche di siti produttivi? Dalle prime verifiche risultano imprenditori e piccole società. La guardia di finanza ha avviato delle verifiche patrimoniali, ma l'esito dei controlli ancora non è stato reso noto. E carabinieri e polizia hanno attivato un presidio del territorio potenziato, temendo il rischio di infiltrazioni malavitose. Il fenomeno però sembra solo alla fase iniziale.
«La settimana scorsa - racconta il titolare di un bar sulla Tiburtina - c'erano in giro due persone di una società immobiliare che prendevano appunti sulle fabbriche abbandonate. Hanno spiegato che ci sono investitori stranieri interessati a realizzare un grande albergo con annessa sala giochi e spettacoli». Appunto come a Las Vegas.

Come non bastasse, sulla strada consolare sono tornate le prostitute, come se le norme anti-lucciole varate dal sindaco Gianni Alemanno fossero state abrogate. Del resto, come sovente accade, le delibere comunali poi non vengono rispettate per gli scarsi controlli.
Strade dissestate, prostituzione, gioco d’azzardo, cantieri perenni, violenza mai scemata, assunzioni pilotate. Complimenti Alemanno, sei riuscito a fare pure peggio di Veltroni.

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ECCO CHI NON SI CANDIDERA’ PIU’ E PRENDERA’ LAUTI VITALIZI E LIQUIDAZIONI


DA PISANU A D’ALEMA, PASSANDO PER CASTELLI E RUTELLI. PARLAMENTARI DI DESTRA, CENTRO E SINISTRA PASSANO ALLA CASSA PER LA FINE DELLA PROPRIA CARRIERA

Dalle urne delle prossime elezioni si formerà la classe politica della XVII Legislatura, la quale vedrà un Parlamento discretamente rinnovato tra non eletti, trombati e ritirati di propria spontanea volontà. A prescindere dalla natura del proprio ritiro – mancata elezione, forzata o voluta - molti parlamentari si consoleranno con vitalizi mensili e sostanziose liquidazioni, calcolate in base ai propri anni di carriera. Vediamo chi sono i più fortunati. Alla faccia degli indigenti.

PISANU, 39 ANNI DA PARLAMENTARE– Tra i più felici, Beppe Pisanu, Pdl ed ex Ministro degli interni, con 39 anni di parlamento alle spalle. Incasserà un vitalizio di 6500 euro mensili e un assegno da 175 mila euro netti come liquidazione. Stessa esperienza per Mario Tassone, ex deputato dell’Udc, con 35 anni di parlamento alle spalle, che percepirà un vitalizio da 6500 euro mensili e una liquidazione da 158 mila euro.

VELTRONI, ALTRO CHE AFRICA - Valter Veltroni, fondatore del Pd che già aveva provato questa emozione quando era sindaco di Roma: un assegno mensile lordo di oltre 9.300 euro che lui sosteneva di dare in beneficienza a una organizzazione umanitaria in  Africa. Ora Veltroni se li terrà, in attesa di qualche occupazione integrativa. E verserà sul conto anche la buonuscita da 44 mila euro, che sembra ridotta rispetto ai suoi 19 anni da parlamentare perché ne ha già incassato la parte più sostanziosa quando si dimise per diventare sindaco di Roma.
Ma questi introiti per lui potrebbero essere rinviati perché Bersani pensa di offrirgli una carica di Ministro.

LE MAXI LIQUIDAZIONI DI BERSELLI, TURCO E CASTELLI - Avranno invece maxi liquidazioni i parlamentari che non  hanno mai interrotto il loro mestiere dal primo giorno in cui sono entrati alla Camera o al Senato. Le cifre più sostanziose toccheranno a Filippo Berselli (Pdl, ex An): 278 mila euro a cui si aggiunge da subito un vitalizio da 6.200 euro al mese e a Livia Turco che incasserà subito una liquidazione da 241 mila euro, ma dovrà ancora aspettare due anni per ricevere un vitalizio da 6.100 euro. Terzo posto nella classifica delle liquidazioni per il leghista Roberto Castelli, che incasserà un assegno da 195 mila euro e da marzo anche un vitalizio di circa 5.500 euro netti mensili.

D’ALEMA E RUTELLI - La doppia liquidazione è esperienza che faranno molti altri parlamentari uscenti che nella loro carriera hanno già interrotto l’esperienza parlamentare o perché non ricandidati nella legislatura o perché eletti altrove. Al Parlamento europeo ad esempio Massimo D’Alema, fra il 2004 e il 2006, prendendosi la prima liquidazione per i suoi 24 anni da parlamentare. Gli resta da incassare un assegno da 64 mila euro e il vitalizio da circa 6 mila euro mensili netti. Per lui comunque vale il discorso fatto per Veltroni. Potrebbe essere chiamato a un ruolo di Ministro qualora la coalizione guidata da Bersani vincesse le elezioni. Una scelta che però potrebbe creare problemi coi renziani che volevano rottamarlo e con Vendola, che baffino ha cercato più svolte di sgambettare in quel di Puglia.
Il vitalizio sarà appena superiore (5.600 euro netti al mese) per Francesco Rutelli, che però dovrà attendere ancora un anno per riceverlo perché non ha ancora maturato i requisiti anagrafici. Subito incasserà 111 mila euro di liquidazione, visto che ne ha già incassata una parte per i suoi 23 anni da parlamentare quando si candidò a sindaco di Roma.

SCAJOLA, COLOMBO, PEZZOTTA - Claudio Scajola si rasserenerà un po’ quando avrà la liquidazione (158 mila euro netti) e l’assegno del vitalizio mensile netto (4.700 euro) che incasserà senza fare nulla.
L'ex giornalista Furio Colombo ha militato per 12 anni nel centro-sinistra e se ne starà a casa con un vitalizio di 3600 euro al mese e una liquidazione di 64mila euro
Ex sindacalista e deputato Udc Savino Pezzotta ha fatto 5 anni in Parlamento e secondo i dati pubblicati da Libero riceverà un vitalizio da 2200 euro/mese e una liquidazione di 44mila euro

LE REGOLE - Le regole non sono uguali per tutti, perché dipendono dal momento in cui si entra in Parlamento. Per la liquidazione i parlamentari in genere ricevono l’80% della indennità parlamentare lorda per ogni anno di legislatura. Per il vitalizio la cosa è più complicata. Oggi si può avere a 65 anni con 5 anni di legislatura e si può scendere per ogni anno in più fatto fino a 60 anni. L’assegno oscilla fra il 20 e il 60% della indennità lorda. Fino al 2007 però non c’era questo limite di età e l’assegno oscillava fra il 25 e l’80% della indennità lorda.

(Fonte: Libero)
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VILLE ROMANE A NAPOLI SEPPELLITE DAL VESUVIO PRIMA E DALL’UOMO POI


A BOSCOREALE E CASTELLAMMARE VERSANO IN UNO STATO DI DEGRADO

Avevo già parlato di come l’incuria umana stia distruggendo alcuni pregiati reperti storici più di quanto abbia fatto a suo tempo il Vesuvio. Purtroppo non è solo il caso di Pompei (di cui potete leggere qui) ma anche di altri resti romani situati a Boscoreale e Castellammare di Stabia (oggi visitabili con un biglietto unico di 5,50 euro). Ecco di seguito la triste carrellata.

BOSCOREALE, IL SITO NEL QUARTIERE POPOLARE - Il Comune di Boscoreale rientra in quella zona vesuviana molto amata dai romani, ma poi tragicamente seppellita dal Vesuvio. Infatti scavi archeologici hanno riportato alla luce anche qui molte ville precedenti il 79 d.C., anno della fatale eruzione del vulcano. In questo Comune sorge l’Antiquarium, inaugurato nel 1991, in cui sono custoditi reperti provenienti dagli scavi di Pompei, Ercolano, Oplonti, Stabia e appunto Boscoreale. Offrendo uno spaccato sugli usi e i costumi della vita romana e della natura in quel periodo.
Ma veniamo alle note dolenti. Il museo si trova nel cuore di un quartiere popolare degradato, al punto che gli stessi guardiani invitano il pubblico a parcheggiare le auto al suo interno. Sono stati proprio i lavori per la costruzione del quartiere che hanno portato alla luce alcuni resti ivi custoditi.
Di fianco al Museo è possibile apprezzare dall’alto una villa per uso agricolo, chiusa al pubblico perché pericolante. Chissà fino a quando.

STABIAE, L’ANTICA CASTELLAMMARE- Quella che oggi è conosciuta come Castellammare di Stabia, Comune a sud di Napoli di oltre 64mila abitanti, un tempo era la gloriosa Stabiae; nome con cui fu definita dai primissimi insediamenti greco-etruschi, conservato con la conquista da parte dei romani. I quali, come fatto in altre zone limitrofe, vi costruirono ville ancora oggi apprezzabili. Castellammare ha mantenuto nel corso dei secoli un certo prestigio, dovuto alla vicinanza al mare che ne ha fatto da sempre un importante sbocco portuale ma anche alle sue famose acque, per le quali sono state costruite terme.
Tra i reperti, è possibile apprezzare Villa San Marco, tenuta sì in buone condizioni ma situata tra case private e campi agricoli. Inesistenti le indicazioni, alcuni resti sono tenuti incustoditi e facili prede dei visitatori. Migliore la posizione di Villa Arianna, sebbene versi in uno stato di maggiore abbandono con vari punti transennati, e le indicazioni stradali per raggiungerla siano inesistenti.

OPLONTIS - Nell’attuale Torre Annunziata, Comune a sud di Napoli, ergeva la gloriosa Oplontis, zona suburbana alla vicina Pompei seppellita come essa dal Vesuvio nel 79 d.C. Scavi privati, dovuti all’edilizia selvaggia del dopo guerra, hanno permesso il rinvenimento della Villa di Poppea, regalatagli dal marito Nerone, Imperatore di Roma. Nel 1997 gli scavi sono stati dichiarati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
Molti affreschi della Villa sono rimasti ancora in buone condizioni, come la struttura nel suo complesso; oggi ancora apprezzabile nella sua interezza. Si può dire che dei quattro siti presi in esame, esso sia il più curato.

Siamo al solito discorso. In Campania abbiamo una ricchezza culturale immensa che non sappiamo sfruttare.
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MESSENGER SARA’ ACCORPATO A SKYPE, FINE DI UN’ERA


LA POPOLARE APPLICAZIONE DELLA MICROSOFT VA IN PENSIONE DOPO 14 ANNI DI ONORATO SERVIZIO

Anche per il web vale la regola che “ogni scarpa diventa scarpone” e pertanto i programmi, i siti o le applicazioni non più usate vengono soppresse lasciando il passo a nuove invenzioni. Così anche il mitico Messenger va in pensione e sarà accorpato a un’altra applicazione pure molto diffusa: Skype.  L'annuncio risale allo scorso novembre, ma ora c'è una data ufficiale: il 15 marzo 2013. Gli utenti, ben 330 milioni in tutto il Mondo, sono stati avvisati da una mail che li invita a scaricare Skype, o, se già ce l’hanno, ad aggiornarla con l’ultima versione. L’operazione è dettata sia dallo scarso utilizzo di Messenger, a cui si preferisce ormai da tempo Facebook, sia dall’acquisto di Skype da parte della Microsoft per 8,5 miliardi di dollari dalla società Redmond. Del resto il colosso fondato da Bill Gates cerca da sempre di eliminare la concorrenza acquistandone i servizi. E’ successo con altri colossi quali ad esempio Google o Youtube.

IL PASSAGGIO - Skype ha già la sua applicazione proprietaria per le ultime versioni dei sistemi operativi Microsoft, Windows 8 e Windows Phone 8, ed è disponibile in download gratuito per le altre versioni di Windows. Redmond ha cercato di rendere indolore il processo di migrazione dei propri contatti: sarà sufficiente accedere a Skype con le credenziali utilizzate in precedenza su Messenger per vedere importati i propri contatti.
Di fatto con l'integrazione delle piattaforme l'account Microsoft diventa anche account di Skype a tutti gli effetti. I 330 milioni di utenti si sommeranno ai circa 280 milioni di utenti Skype, con alcune fisiologiche sovrapposizioni. Se si è già utenti Skype e Msn, ovvero si utilizzano due account differenti, sarà sufficiente aggiornare l'applicazione all'ultima versione, accedere con l'account Microsoft e successivamente seguire la procedura di fusione dei due account prevista dall'applicazione. Da quel momento in poi, tutto il proprio universo Msn sarà trasferito dentro Skype.
Il passaggio non riguarderà la Cina, dove rimarrà attivo perché la connettività Skype è gestita dalla società locale Tom.

LA STORIA DI MSN - Denominato inizialmente MSN Messenger Service, la prima versione rilasciata è stata la 1.0, disponibile dal 22 luglio 1999. Con la versione 4.6, rilasciata il 23 ottobre 2001, è stato rinominato MSN Messenger ed ha assunto l'attuale denominazione con la versione 8.0 rilasciata per la prima volta in versione beta il 13 dicembre 2005, assieme a Windows Live di cui è parte e si connette a .NET Messenger Service di Microsoft. Dalla versione 9.0, Windows Live Messenger è scaricabile soltanto nel pacchetto multiprogramma dei prodotti Windows, Windows Live Essentials. La sua attuale denominazione, più lunga, non è entrata però nel lessico degli utenti italiani, che prediligono tuttora la forma inesatta "Msn": ad essa viene associata una contrattura del termine "messenger", mentre si tratta invece dell'acronimo M.S.N. che indica l'intero network Microsoft. La versione attuale è la 2012, rilasciata il 7 agosto 2012. Chi proverà a connettersi a Msn dal 15 marzo riceverà un messaggio di errore.
Negli anni, la chat è graficamente migliorata e sempre più personalizzabile grazie a plugin scaricabili gratuitamente da parte degli utenti. Sempre nuove emoticon, animoticon, giochi, l’uso della webcam, le conversazioni multiple, hanno reso quest’applicazione divertente e piacevole da usare.

Finisce dunque un’era. L’ultima generazione che ha utilizzato MSN non ha mai provato l’emozione di vedere decine di contatti “in linea” con cui interagire. E le prossime generazioni non porranno mai a una persona contattata in qualche chat, per conoscerla meglio, la mitica domanda: “hai Msn?”.

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cosa succede in questi giorni.. aggiornamenti.

questi giorni di fine gennaio sono piuttosto intensi soprattutto nell'ambito scolastico infatti tra poco cominceranno le interrogazioni di ec. politica e diritto e con quella prof che mi ritrovo che fa di tutto per non mettermi  almeno sei alle interrogazioni comincio a preoccuparmi.
inoltre sono cominciati i corsi di recupero di ec. aziendale e ieri pomeriggio fino alle 16:45 ero a scuola.
ma sorvoliamo sulla questione scuola... oggi vado ad iscrivermi a patente insieme alle due migliori amiche cosi tra qualche mesetto potrei essere già in grado di guidare.. sperando di non fare la setssa fine di qualche anno fa http://ilbuiodellanotte.blogspot.it/2012/05/donne-al-volante.html ma so che non succederà!
 per il resto tutto procede bene, l'influenza mi sta passando anche se ho una tosse a dir poco snervante ed un mal di gola che mi fa venire un po di ansia per i controlli di venerdi prossimo in ospedale perchè potrei avere qualche linfonodo un po ribelle che si è ingrossato a causa del mal di gola e della tosse ma se è per una semplice infezione non mi preoccuperò più di tanto.
per quanto riguarda il volontariato in croce rossa ( è un po' di tempo che non vi tengo aggiornati su questo argomento) a breve dovrei, si spera, fare una lezione di un'ora per poter andare poi a dare da mangiare e bere ad i barboni che la sera dormono per le strade della città e dovrei anche fare un'ulteriore lezione per l' abilitazione al centralino; in questo modo posso rispondere al telefono quando c'è qualche emergenza e mandare le ambulanze o le auto mediche con i volontari del soccorso.
ultimamente non mi impegno cosi tanto come vorrei nel volontariato ma la ragione è che prima di qualche settimana fa ero ancora minorenne ed in croce rossa, le attività per minorenni sono davvero poche.. ora  che appunto sono diventata maggiorenne, sono in attesa di queste due attività e sinceramente non vedo l'ora.
fin dall'inizio mi ero promessa di dare tutta me stessa in questa attività ed ora che davvero posso dedicarmici a 180 gradi, non sto più nella pelle.
anzi, sto valutando l'opzione di poter fare il corso T ( trasporto inferni) e 118.. sono molto impegnativi perchè sono due mesetti buoni di corso teorico( trasporto infermi) e un anno per 118, inoltre   c'è un esame  finale moto selettivo e difficile per poter essere abilitati però chissà, quando mi stuferò di dedicarmi solo al "sociale" ci potrò pensare. nulla è impossibile.

ps: mi hanno telefonato quelli di make a wish intanto dicendomi di preparare i passaporti!! si va a New York spero al più presto!!
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NON SOLO MAGISTRATI, LA SINISTRA INVASA ANCHE DALLE CANDIDATURE DI GIORNALISTI


A PARTE OSCAR GIANNINO, AUGUSTO MINZOLINI E MARIO SECHI, TANTI SONO NELLE LISTE DEL PD, CON INGROIA O DE MAGISTRIS

Già in passato accadeva che qualche giornalista si candidasse alle elezioni politiche. E’ un mestiere come gli altri, e dunque, se si rimane coerenti con quanto si è detto e scritto prima di entrare in politica, non c’è niente di male. I casi più noti sono quelli di Michele Santoro, Lilli Gruber, David Sassoli e Francesco Pionati, tutti schieratisi col Pd, tranne l’ultimo con l’Udc. Alle prossime elezioni ci sarà però un’autentica invasione, quasi tutta nelle liste dei partiti di sinistra.

CON PD, INGROIA, DE MAGISTRIS - Maurizio Torrealta, giornalista di Rainews, e autore del libro "La Trattativa", si candida nella lista di Antonio Ingroia: Rivoluzione civile. Sempre con l'ex pm c'è Sandro Ruotolo, uno della squadra di Michele Santoro. Con la lista arancione ci sono Saverio Lodato, giornalista dell'Unità e Sandra Amurri de Il Fatto quotidiano.
Nel Pd invece c'è Corradino Mineo, direttore di Rainews24, Massimo Mucchetti del Corriere della Sera e Rosaria Capacchione (sottoscorta per i suoi scritti sui Casalesi) che per il Pd sarà capolista in Campania.

GLI ALTRI – Il fido e vergognoso ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini, sarà candidato capolista col Pdl nella Regione Liguria. Premiato così per la sua fedeltà. Mario Sechi, ex direttore de Il Tempo e spesso ospite nei programmi Rai, va nella lista di Scelta Civica per Monti. Oscar Giannino, economista giornalista che ha collaborato per più testate, ha invece fondato un proprio movimento: Fare per Fermare il declino. E’ quello che ci ha messo la faccia più di tutti.

IL COMMENTO SARCASTICO DI MENTANA- Voce fuori dal coro è quella di Enrico Mentana. Il direttore di TgLa7 bacchetta i colleghi e con un tweet afferma: "Cari Minzolini, Ruotolo, Mineo, Mucchetti, Giannino, Sechi. Del giornalismo si diceva 'sempre meglio che lavorare'. Della vostra scelta, pure".

(Fonte: Libero)
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DIECI ANNI SENZA GIANNI AGNELLI, L’AVVOCATO CHE FECE GRANDE LA FIAT


AFFRONTO’ CON INTELLIGENZA E LUNGIMIRANZA TUTTE LE SFIDE SOCIALI ED ECONOMICHE DAL DOPOGUERRA AGLI ANNI ‘90

Il 24 gennaio 2003 si spense nella sua casa storica di Torino l’Avvocato Gianni Agnelli, principale azionista ed amministratore al vertice della FIAT, che ebbe in eredità dal nonno Giovanni data la prematura scomparsa del padre. Il suo stile e la sua intelligenza fecero grande la storica azienda automobilistica torinese, ma anche la Juventus.

I PRIMI PASSI NELLA FIAT – Nato a Torino il 12 marzo 1921, perde molto presto sia il padre che la madre, rispettivamente a 14 e 24 anni per un incidente aereo e automobilistico. Durante gli impegni al fronte dovuti alla Seconda guerra mondiale, si laurea in Giurisprudenza e nel ’45 diventa presidente della RIV, la società di produzione di cuscinetti a sfere fondata da Roberto Incerti e dal nonno nel 1906. L'incarico però ha una connotazione praticamente solo rappresentativa. Nel ’45 viene eletto sindaco di Villar Perosa, un paese ubicato poco dopo Pinerolo lungo la statale del Sestriere. È il paese ove la famiglia risiede d'estate (e da dove la stessa proviene) ed è proprio Villar Perosa la città che ospita anche il primo stabilimento RIV. Non si tratta di un incarico molto impegnativo e Agnelli lo manterrà per quasi trent'anni. Tra la fine del 1945 e l'inizio del 1946 si trova coinvolto, in rappresentanza della famiglia, in complesse trattative fra il CLN, le autorità alleate di occupazione ed il governo italiano provvisorio, per la normalizzazione della conduzione della FIAT, della quale la famiglia Agnelli è ancora il principale azionista ed il 23 febbraio 1946 firma egli stesso l'accordo che ricostituisce il consiglio di amministrazione della società e ristabilisce Vittorio Valletta, precedentemente estromesso con l'accusa di collaborazionismo con i tedeschi, nella carica di amministratore delegato.

IL COMANDO DELLA FIAT - Nel 1953 sposa la principessa Marella Caracciolo di Castagneto, appartenente ad un'antica nobile famiglia di origini napoletane. Nel 1959 diviene presidente dell'Istituto Finanziario Industriale (IFI), una società finanziaria pura che è una delle casseforti di famiglia e che assieme all'IFIL, altra cassaforte di famiglia, controllano la Fiat. Diventa inoltre Amministratore Delegato della stessa Fiat nel 1963, una carica che deve condividere con Gaudenzio Bono, un "vallettiano" a tutto tondo, ed in ogni caso il timone dell'azienda automobilistica rimane per ora nelle mani del "professore" sempre presidente.
Gianni "eredita" dal nonno nel 1966 il comando dell'azienda di famiglia (da lui fondata nel 1899) dopo un periodo ventennale di "reggenza" da parte di Vittorio Valletta. Insediatosi al timone della Fiat all'età di 45 anni, dopo avervi svolto praticamente solo ruoli di rappresentanza.

L’ACCORDO CON L’URSS E L’ESTENSIONE NEL MEZZOGIORNO - Gianni Agnelli si trova dinnanzi a due problemi. Il primo, l'esecuzione dell'accordo con l'Unione Sovietica per la costruzione di uno stabilimento presso una cittadina sul Volga (che verrà chiamata Togliatti), per il quale la Fiat deve fornire all'Autoprominport (l'ente sovietico preposto) lo stabilimento "chiavi in mano" ed il know-how per la produzione.Il contratto è stata l'ultima opera di Valletta, ma la gestione non si presenta particolarmente onerosa: i sovietici rispettano i termini stabiliti e tutto procede.
Il secondo problema è assai più grave. Cedendo alle insistenze del presidente dell'Alfa Romeo Luraghi, che da anni va predicando l'impossibilità di far quadrare i conti aziendali senza un'adeguata "massa critica" di volumi produttivi, il governo italiano ha deciso di finanziare l'Alfa per la costruzione di uno stabilimento nell'Italia meridionale ove si produca un modello di autovettura di livello medio, nella stessa fascia di mercato, più o meno, della Fiat 128, che verrà lanciata di lì a poco.
Secondo Gianni Agnelli, nell'orticello del mercato italiano dell'auto di fascia bassa e media, concupito già dalle concorrenti europee grazie alla graduale riduzione dei dazi all'interno della CEE, non c'è spazio per un altro concorrente italiano, specialmente se questo può contare sui finanziamenti a carico del contribuente. Ma tutti i tentativi per contrastare a livello politico questo progetto falliscono; la sede designata è Pomigliano d'Arco, un paese a pochi chilometri da Napoli ove già operano la piccola Alfa Motori Avio, e l'Aerfer, azienda parastatale di medie dimensioni, che produce parti di velivoli commerciali per conto di grosse aziende americane. Per trovare i quadri tecnici intermedi in numero sufficiente a far funzionare lo stabilimento, la neonata Alfasud non può che rivolgersi alla FIAT cui sottrae questi personaggi offrendo loro stipendi di entità superiore rispetto a quelli dell'azienda torinese.

LA RISTRUTTURAZIONE DELL’AZIENDA- Rinunciando alla politica industriale di Vittorio Valletta (Terra/mare/cielo), Gianni Agnelli decide di disfarsi di quelle produzioni che richiedono continui investimenti e la cui redditività è precaria e condizionata (non solo sul mercato italiano) da scelte spesso legate a decisioni di carattere politico. Vengono così cedute alla Finmeccanica il 50% della Grandi Motori, detta Divisione Mare, specializzata in motori marini a ciclo Diesel per grosse navi, che sarà trasferita a Trieste con il nome iniziale di Grandi Motori Trieste.
Analogamente si procede con la cosiddetta Fiat Velivoli, specializzata in fabbricazione di aerei, prevalentemente di uso militare, spesso su licenza di grosse aziende estere, che viene aggregata all'Aerfer di Pomigliano d'Arco, nella società a partecipazione statale Aeritalia (divenuta molti anni dopo Alenia). La partecipazione Fiat rimarrà solo un fatto finanziario, poiché il controllo operativo è di Finmeccanica: il restante 50% delle azioni verrà definitivamente alienato da Fiat nel 1975. Così va anche per altre realtà minori.
Nel 1969 la Ferrari cede alla Fiat il controllo della sua casa di auto sportive: il reparto corse resterà gestito per molti anni ancora dall'ing. Ferrari. Il primo febbraio del 1970 viene acquisita dalla famiglia Pesenti, ad un prezzo simbolico di un milione di lire, la Lancia, glorioso marchio di auto di prestigio (era detta "la Mercedes italiana") fondata a Torino da Vincenzo Lancia nel 1907, ormai in stato di quasi insolvenza.

GLI ACCORDI INTERNAZIONALI - Il sogno di Gianni Agnelli è l'internazionalizzazione della FIAT. Due anni dopo l'assunzione della guida della Fiat, Gianni Agnelli concorda con François Michelin, proprietario del pacchetto di controllo della Citroën, che si trova in cattive acque, l'acquisto della partecipazione con l'intenzione di giungere successivamente al controllo totale della casa automobilistica francese.
La sinergia fra i due costruttori europei sembra promettere bene: Citroën è un marchio prestigioso, con buona fama nella produzione di auto di alta gamma, la Fiat ugualmente nelle utilitarie. L'accordo si conclude, al vertice Citroën arrivano uomini Fiat ma ci si mette di traverso l'opposizione di stampo nazionalistico dei gollisti: alla Fiat viene fatto divieto di acquisire la maggioranza delle azioni Citroën. Le incomprensioni fra i tecnici italiani ed i tecnici francesi compiono il resto: la Fiat, senza il controllo totale dell'azienda non può imporre nulla senza accordo con le altre forze nel gioco, può solo investire per ammodernare impianti e strutture.
Alla fine, quattro anni dopo, il sogno si infrange e Gianni Agnelli dovrà rinunciare alla sua internazionalizzazione, almeno attraverso questa via, e la quota Fiat viene ceduta alla Peugeot. L'Avvocato ripiegò, sperimentando altre vie, verso un altro modello di internazionalizzazione che passerà attraverso gli stabilimenti Zastava per la produzione del mod.128 (Yugoslavia) e Tofaş per la produzione del mod. 124 (Turchia). Già presente sul mercato polacco con la fabbricazione del mod. Fiat 125, il 29 ottobre 1971, la Fiat siglò un importante contratto di licenza e collaborazione industriale con la Pol-Mot. Ne seguì, presso gli stabilimenti F.S.M. di Tychy, la produzione su larga scala della Fiat 126. Il modello, prodotto alla media di oltre mille vetture al giorno, contribuì notevolmente alla motorizzazione dell'intera Polonia e dei mercati d'oltre cortina. Poco dopo verrà decisa l'avventura di una produzione oltre oceano: creare uno stabilimento in Brasile (Belo Horizonte nello stato di Minas Gerais) ove si produrrà inizialmente la 127 opportunamente modificata per quel mercato (il nome del modello brasiliano sarà 147). L'ambizioso progetto di Giovanni Agnelli, per rendere noto al mondo il marchio FIAT, si realizzò nel giro di una decina d'anni con le unità produttive presenti su 4 continenti:
Europa - Italia (Fiat, Lancia, Autobianchi, Ferrari), Spagna (Seat), Yugoslavia (Zastava), Polonia (F.S.M.).
Sud America - Brasile (Automoveis), Argentina (Concorde).
Asia - Turchia (Tofas).
Africa - Piccole unità produttive in Egitto e Sud Africa.

L’AUTUNNO CALDO E LE PERDITE AZIENDALI - Non sono trascorsi che tre anni dal suo insediamento al vertice della FIAT che Gianni Agnelli deve affrontare un problema piuttosto difficile: il rinnovo del contratto di lavoro dei metalmeccanici (1969). La vertenza procede per tutta la prima metà dell'anno più o meno aspramente rispetto alle volte precedenti, ma all'inizio di settembre le cose cambiano radicalmente ed emergono nuove, inattese forme di sciopero: incomincia quello che verrà subito battezzato autunno caldo.
Iniziano i carrellisti di Mirafiori, Stabilimento Presse: scioperano al di fuori delle direttive del sindacato, sono scioperi improvvisi, mezza giornata o meno per volta, ma l'effetto è paralizzante. Il loro compito è trasportare le parti di carrozzeria appena stampate dalle presse alla catena di montaggio: fermi loro, ferma tutta la produzione. In un primo momento il sindacato disapprova queste forme di protesta spontanee e autonome, poi tenta di farle rientrare nell'alveo della propria iniziativa, agevolato anche dalla posizione dell'Azienda, che vuole un unico interlocutore ufficiale di fronte alle maestranze. Iniziano, così, forme di sciopero del tutto nuove: si entra al mattino alle 8 al lavoro ma dopo venti minuti passano delegati nei vari reparti ad annunciare uno sciopero improvviso che inizierà alle otto e trenta e durerà fino all'ora di pranzo (od analogamente al pomeriggio). Tutto ciò a rotazione: ora in uno stabilimento, ora nell'altro.
Si formano nelle officine cortei (detti "serpentoni") di operai muniti di fischietti ed altri strumenti sonori che percorrono i locali invitando i colleghi riluttanti ad astenersi dal lavoro. Quasi sempre invadono anche le Palazzine uffici, rendendo problematiche le condizioni per lavorare per gli impiegati che non vogliono scioperare. Si verificano anche degli episodi di violenza, sui quali l'azienda non interviene, per non inasprire gli animi ed evitare danni alle persone ed alle apparecchiature. Questi episodi di violenza, accaduti prevalentemente all'ingresso degli stabilimenti produttivi, furono fomentati da forze estranee all'azienda, come risulta dai verbali redatti dalle forze dell'ordine e dalle pubbliche dichiarazione dell'allora questore di Torino Giuseppe Montesano. Fu rilevata la presenza attiva di esponenti della neonata Lotta Continua ed una massiccia presenza di studenti universitari provenienti dalla Sapienza di Roma.
Dal punto di vista del business le cose vanno bene: la crisi economica del 1964 è ormai superata, la richiesta di autovetture è in continuo aumento, tanto che la Fiat non riesce a soddisfarla ed i tempi di consegna si allungano. Proprio in quest'autunno entra in funzione lo stabilimento di Rivalta di Torino, ove si provvederà al montaggio della nuova media cilindrata (per quei tempi), la 128, destinata a prendere il posto della famosa 1100 (mod. 103). È un'auto dalla linea moderna ed accattivante, il prezzo è contenuto e piace subito, ma per averla bisogna attendere fino a nove mesi.
La vertenza si chiude nel gennaio del 1970 con un nuovo oneroso contratto per le aziende, con concessioni normative consistenti che incideranno pesantemente sui bilanci futuri. Fra l'altro vengono abolite le differenze territoriali per la determinazione del minimo sindacale del salario (fino a quel momento i salari minimi sono differenziati per provincia, a seconda dell'indice del costo della vita locale elaborato dall'ISTAT) cosicché il neoassunto a Palermo percepirà, a parità di inquadramento, lo stesso salario di quello assunto a Milano.
Si valuta che la perdita di produzione durante il periodo "caldo" ammonti ad oltre 130.000 vetture (ma c'è chi dice molto di più, oltre 270.000: si tratta di vedere entro quali termini temporali viene considerato il periodo "caldo"). Intanto gli effetti dell'apertura dei mercati all'interno della CEE si fa sentire e la concorrenza straniera aumenta la sua penetrazione in Italia.

LA CRISI DEGLI ANNI ‘ 70 E L’ACCORDO CON GHEDDAFI - Nella prima metà degli anni settanta Gianni Agnelli deve affrontare la prima grossa crisi della Fiat, la più grande forse a partire dalla prima guerra mondiale: l'autofinanziamento non è più possibile (l'investimento brasiliano ha pesato non poco ed i primi risultati sono deludenti, le vendite di auto in Italia calano e la concorrenza straniera, grazie alla piena attuazione del Trattato di Roma in materia di barriere doganali nell'Europa, si fa sempre più agguerrita erodendo alla Fiat quote crescenti di mercato) e la Fiat non può più fare a meno, come è stato fino a quel momento, di ricorrere massicciamente al credito.
Viene assunto in quel periodo un nuovo responsabile della finanza aziendale: Cesare Romiti (autunno del 1974) che raggiungerà nel quasi quarto di secolo di permanenza in Fiat, il massimo vertice. Auspice Romiti, Gianni Agnelli trasforma la Fiat S.p.A. da un'azienda industriale in una holding finanziaria. Da questa dipenderanno tante holding di settore, una per ogni settore produttivo, alle quali saranno sottoposte le rispettive società operative. Il processo dura più di cinque anni e nascono così (citiamo solo quelle di dimensioni maggiori): la Fiat-Allis, settore macchine agricole, l'Iveco, settore veicoli industriali, La Macchine Movimento Terra, la Teksid (fonderie, produzioni metallurgiche ed altro). Ultima, ma solo in ordine di tempo, la Fiat Auto (autovetture e veicoli commerciali leggeri).
Separazione secondo il mercato servito ed internazionalizzazione. L'avvento di Agnelli al timone della Fiat segna anche una svolta nella politica finanziaria della Fiat: l'Avvocato si avvicina sempre più alla Mediobanca di Enrico Cuccia (forse anche a seguito delle traversie finanziarie della Fiat ed ai buoni rapporti che intercorrono fra Romiti e Cuccia) dalla quale il suo predecessore Valletta si era sempre tenuto ad una cortese distanza.
Alla fine del 1976 i problemi finanziari sembrano risolti con la cessione di poco più del 9% del capitale FIAT alla Lafico (Lybian Arab Foreign Investiments Company), una banca controllata dal governo libico di Mu'ammar Gheddafi (in dieci anni il socio libico, nel mero ruolo di investitore, arriverà a possedere quasi il 16% del capitale Fiat). La cessione getta un certo sconcerto negli ambienti politici occidentali per le tensioni esistenti tra la Libia di Gheddafi e diversi altri stati, USA in testa. Un accordo che scatenerà diverse critiche, tant’è che nel 1986, dopo il bombardamento americano in Libia per uccidere il Rais, il gruppo decide di riprendersi le proprie quote.
La crisi si riaffaccia prepotente a fine anni settanta (la quota di mercato della FIAT Auto in Italia, il mercato più importante per l'azienda torinese, è scesa dal quasi 75% del 1968, a meno di due anni dall'esordio di Gianni Agnelli come responsabile attivo dell'azienda, al 51% del 1979, ovvero quasi 25 punti in meno in dieci anni. Nel resto dell'Europa, Spagna esclusa, le cose non sono andate meglio, si passa da un già modesto 6,5% del 1968 al 5,5 del 1979), ma la crisi viene superata grazie alla ottima riuscita di due modelli voluti dal nuovo direttore generale di FIAT Auto, Vittorio Ghidella: la Uno e, successivamente, la Croma e la Thema.

IL BUON RAPPORTO COL PCI E LA VITTORIA SUI SINDACATI - I rapporti di Gianni Agnelli con le sinistre italiane, specialmente con il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer, rappresentarono l'essenza delle relazioni industriali con le forze politiche e specialmente con i sindacati.
Il conflitto vede questi ultimi soccombere quando nel 1980 uno sciopero generale che ha portato al blocco della produzione, (il "blocco" dei cancelli FIAT durò ben 35 giorni) viene spezzato dalla cosiddetta "marcia dei quarantamila", (dal supposto numero dei lavoratori che il 14 ottobre dello stesso anno sfilarono in Torino reclamando il diritto "di poter andare a lavorare"). Questa azione segna un punto di svolta ed una brusca caduta del potere sino ad allora detenuto dai sindacati in Italia, che non avranno più, in seguito, eguale influenza sulla società e sulla politica nazionale.

GLI ANNI ’80 SONO MOLTO FLORIDI– Negli anni ’80 le cose per la Fiat vanno abbastanza bene, sia per il successo di alcuni modelli come la Panda, la Croma e la Thema, sia per la vittoria sui sindacati a cui corrisponde un decennio di pace contrattuale. A cià va aggiunta la riduzione dei costi di produzione ottenuta con una forte spinta all'automazione dei processi produttivi (robotizzazione) che la porta a primeggiare nel mondo in questo campo, produce nuovamente buoni utili per i suoi azionisti ed assume anche nuova mano d'opera. A metà degli anni ottanta inizia una trattativa di accordo societario con la Ford Europa ma poi, a trattative già avanzate, l'accordo sfuma (ottobre 1985).
Poco dopo Gianni Agnelli strappa proprio alla Ford l'acquisto dall'IRI dell'Alfa Romeo, che il governo italiano ha deciso di vendere. Le offerte dei due contendenti comprendono un corrispettivo a titolo di acquisto più impegni finanziari successivi nella nuova realtà produttiva. In effetti il confronto fra le due offerte non è facile poiché, al di là del mero corrispettivo di acquisto, si inseriscono altri fattori quali: le modalità di pagamento di tale corrispettivo, gli impegni a mantenere i livelli occupazionali dell'Alfa, l'ammontare degli investimenti che i due acquirenti promettono di fare nella azienda acquisita. Queste complessità favoriscono il fiorire di numerose polemiche.

I CAMBIAMENTI GLOBALI DEGLI ANNI ’90 E IL BREVE ACCORDO CON GM – Dalla fine degli anni ’80 due fattori mondiali mettono alle corde la FIAT: l’arrivo prepotente dei giapponesi, che danno vita al Toyotismo, ovvero una produzione flessibile basata sul “just in time” con la quale è difficile competere e il crollo dell’URSS, con la conseguente apertura globale dei mercati. A ciò si aggiunse la recessione del 1992, una sorta di punto di non ritorno negativa per le economie nazionali e per le industrie entrate in una crisi irreversibile. Non a caso, fra il 1990 ed il 2001, la quota di mercato FIAT in Italia si è ridotta da circa il 53% a circa il 35% ed in Europa da poco più del 14% a meno del 10%.
Al principio degli anni 2000, Gianni Agnelli, convinto che la Fiat non ce la farà da sola ad affrontare la sfida del mercato mondiale), apre agli americani della General Motors (GM) con i quali conclude un'intesa: la grande azienda americana acquista il 20% della Fiat Auto pagandolo con azioni proprie (un aumento di capitale riservato alla Fiat) che valgono in totale circa il 5% dell'intero capitale GM e la Fiat ottiene una clausola put, il diritto esercitabile in questo caso dopo due anni ed entro gli otto successivi, di cedere a GM il rimanente 80% della Fiat Auto ad un prezzo da determinarsi con certi criteri predefiniti e che GM sarà obbligata ad acquistare. Sono previste inoltre fusioni fra società costituite da stabilimenti Fiat Auto e stabilimenti Opel, la consociata europea di GM, con sede in Germania.
L'accordo si rompe cinque anni dopo (sia FIAT che GM si trovano in grosse difficoltà) con un risultato opposto a quanto ipotizzato originariamente: non è la Fiat Auto che viene interamente ceduta a GM, bensì è GM che paga per evitare l'esercizio del diritto di cessione (clausola "put") da parte Fiat, cedendo a quest'ultima anche le quote GM di Fiat Auto. Le società operative miste, già costituite ed operanti, vengono sciolte ed ognuno si riprende la sua parte.
La crisi economica del settore auto del Gruppo Fiat trova Agnelli già in lotta contro il tumore ed egli può partecipare ormai solo in maniera limitata allo svolgersi degli eventi.

I SUCCESSI DELLA JUVENTUS – Dal dopoguerra, oltre che la FIAT, dal nonno Gianni Agnelli ereditò anche la Juventus. Grazie ad acquisti prestigiosi e allenatori vincenti, l’Avvocato riempì la bacheca bianconera con una marea di trofei: 20 scudetti, 7 Coppe Italia, 3 Supercoppe italiane, 2 Coppe intercontinentali, 2 Coppe campioni, 1 Coppa delle Coppe, 3 Coppe Uefa, 2 Supercoppe Uefa,

(Fonte: Wikipedia)
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NEL PDL L’ESCLUSIONE DI COSENTINO E’ SOLO DI FACCIATA, TANTI ANCORA GLI IMPRESENTABILI NELLE LISTE


PULIZIA FATTA SOLO IN CAMPANIA, MA TANTI SONO ANCORA QUELLI CHE RESTANO AL PROPRIO POSTO, SPECIE IN SICILIA. E CI SONO ANCHE DELLE NEW ENTRY

Alcuni sono stati esclusi, altri se ne sono andati. Le liste dei candidati alla Camera e al Senato del Popolo delle libertà sono rimaste un’incognita fino all’ultimo secondo. Berlusconi, ormai onnipresente in Tv e in radio, sta facendo di tutto per dare una nuova faccia al suo partito, al fine di recuperare quanti più voti possibili. I sondaggi danno ragione ai suoi sforzi, ma come al solito non è tutto oro quello che luccica. 


GLI IMPRESENTABILI ANCORA PRESENTI - Se è vero che in Campania una discreta pulizia è stata fatta e altri in altre Regioni sono i nomi altisonanti che non ci saranno, nelle file del partito restano nomi quali i plurindagati Denis Verdini, Luigi Cesaro e Roberto Formigoni. C’è Salvatore Sciascia, che ha sulle spalle una condanna definitiva per corruzione in veste di manager proprio della Fininvest di Silvio Berlusconi. Elemento che dovrebbe essere politicamente un’aggravante. Nessuno pare aver posto problemi per un altro fedelissimo di Silvio Berlusconi, Paolo Romani, ex ministro delle Telecomunicazioni inquisito dalla Procura di Monza per peculato e istigazione alla corruzione. E anche nel suo caso, l’ultimo reato è legato a una vicenda urbanistica di interesse di Paolo Berlusconi, fratello di Silvio.
Presenti nelle liste anche voltagabbana opportunisti come Razzi e Scillipoti, premiati per essere passati a fine 2010 nella corte del Cavaliere permettendogli un altro anno di sopravvivenza al Governo. O ancora, Giovanna Del Giudice che, in passato, è stata meteorina al Tg4 e già Assessore alle Pari opportunità della Provincia di Napoli.
Per non parlare della Sicilia, dove tutti gli impresentabili restano al proprio posto.

CAMPANIA, ASSENZE DEGLI IMPRESENTABILI COLMATA DA 55 SENATORI UDC – Sebbene resti candidato Luigi Cesaro – Presidente della Provincia di Napoli noto soprattutto per i suoi strafalcioni grammaticali, chiamato in causa da più pentiti di camorra e già indagato trent’anni fa per essere stato un componente della NCO di Cutolo – quattro saranno i grandi assenti: il Raìs di Caserta Nicola Cosentino, lo spendaccione con soldi pubblici Alfonso Papa, l’ex sottosegretario all’economia indagato Marco Milanese, l’indagato Re di Mondragone Mario Landolfi, il Principe plurindagato di Afragola Vincenzo Nespoli e un altro pluridangato: Amedeo Laboccetta.
La loro esclusione, secondo il Cavaliere, porterà più voti. Forse perché crede che gli elettori del Nord premieranno questa pulizia al Sud. Eppure sono personaggi di spicco, portatori di tessere e voti e dunque il partito rischia moltissimo senza averli  in lista. Forse perché Berlusconi sa che la loro assenza sarà controbilanciata dal passaggio di ben 55 Senatori dell’Udc.
Il capo cordata della migrazione Udc-Pdl risponde al nome di Pietro Langella, assessore provinciale della dimenticabile giunta di Giggino ‘a Purpetta Cesaro, dimessosi per tornare in Parlamento. Langella è politico dell’area vesuviana-boschese, di area Margherita-Pd quando il centrosinistra imperava in Campania, salito sulla scialuppa dell’Udc quando ormai era chiaro che gli emuli di Bassolino stavano naufragando e il Pdl-centrodestra si sarebbe impossessato dei principali enti locali campani. Langella si porta appresso sei consiglieri provinciali su dieci del gruppo Udc, un consigliere provinciale eletto in una lista collegata al candidato presidente del Pd, sindaci ed ex sindaci, consiglieri comunali, dirigenti locali. Personale politico di rilievo paesano, piccoli portatori di voti nelle loro comunità, coltivati con cura in casa e spesi bene fuori grazie a un forsennato trasformismo.
Ora in Regione potrebbero saltare molte giunte locali, a partire proprio da quella del Governatore Caldoro, tra i primi, insieme ad Alfano, a non volere Cosentino in lista. Certo è paradossale come il Coordinatore regionale venga poi fatto fuori.

IN SICILIA TUTTI AL PROPRIO POSTO AL SENATO – Se è vero che Marcello Dell’Utri ha rinunciato a candidarsi, in Sicilia il partito di Silvio Berlusconi non ha riservato grosse sorprese. Nelle liste presentate dal Pdl sull’Isola, infatti, sono inclusi tutti gli esponenti del partito del predellino che nelle scorse settimane avevano rischiato di rimanere fuori dalla corsa per un seggio in Parlamento.
In forse fino all’ultimo era il senatore Antonio D’Alì, attualmente imputato con il rito abbreviato per concorso esterno in associazione mafiosa. D’Alì è un fedelissimo di Berlusconi: a Palazzo Madama dal 1994, è stato sottosegretario all’Interno fino al 2006. Dopo anni d’indagini, nell’ottobre scorso è iniziato il processo che lo vede accusato di concorso esterno a Cosa Nostra: secondo la procura di Palermo il senatore ha intrattenuto rapporti con i Messina Denaro, storica famiglia mafiosa trapanese. Don Ciccio Messina Denaro, capostipite del clan, era stato campiere proprio nelle terre della famiglia D’Alì, mentre secondo alcuni collaboratori di giustizia lo stesso Matteo Messina Denaro, l’ultimo grande latitante di Cosa Nostra, si sarebbe adoperato attivamente per fare votare il senatore alle elezioni del 1994. D’Alì ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento, ma quel processo per mafia rischiava di far depennare il suo nome dalle liste per il Senato. Berlusconi però non poteva permettersi di escludere l’esponente principale del suo partito a Trapani, storica roccaforte di Forza Italia prima e del Pdl poi. D’Alì è quindi stato inserito in sesta posizione nella lista per il Senato.
A guidare i candidati siciliani per Palazzo Madama sarà lo stesso Berlusconi, dietro di lui l’attuale presidente del Senato Renato Schifani, recentemente archiviato dalla procura di Palermo che lo indagava per concorso esterno a Cosa Nostra. All’ottavo posto nella lista del Pdl al Senato anche Antonio Scavone, braccio destro di Raffaele Lombardo: già condannato a 400mila euro di risarcimento dalla corte dei conti per la gestione della Asp 3 di Catania, Scavone è accusato di abuso d’ufficio per aver affidato senza gara un appalto da due milioni di euro a Melchiorre Fidelbo, marito di Anna Finocchiaro. Candidato al Senato, ma con la lista Fratelli d’Italia, è invece il deputato regionale del Pdl Salvino Caputo, condannato in appello a un anno e cinque mesi per tentato abuso d’ufficio.

E ANCHE ALLA CAMERA - trova posto nelle liste del Pdl per la Camera dei Deputati, anche l’ex ministro dell’agricoltura Saverio Romano. Al leader del Cantiere Popolare è stata garantita la seconda posizione in Sicilia Occidentale, subito dietro Angelino Alfano: l’elezione del fedelissimo di Totò Cuffaro è dunque blindata. Romano è stato di recente assolto per concorso esterno in associazione mafiosa, nel processo che in primo grado è stato celebrato con il rito abbreviato. Di recente la Procura di Palermo per lui ha chiesto l’archiviazione anche per un’altra indagine che vede Romano indagato per corruzione: avrebbe ricevuto 50mila euro da Gianni Lapis, storico tributarista di Vito Ciancimino, per inserire in finanziaria una norma a favore della Gas spa, l’azienda energetica che avrebbe fatto capo all’ex sindaco mafioso di Palermo e a Bernardo Provenzano.
Confermato tra i candidati alla Camera, ma in Sicilia Orientale, anche Nino Minardo, condannato nel 2011 in primo grado con il rito abbreviato ad un anno di reclusione per abuso d’ufficio. Minardo è il giovane rampollo di una dinastia di petrolieri con la passione per la politica: suo zio Riccardo, già deputato nazionale e regionale con il Movimento per l’Autonomia, è stato arrestato nell’aprile del 2011 per associazione a delinquere, truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato proprio mentre sedeva all’Assemblea regionale Siciliana. Si affida a candidature familiari anche Gianpiero Samorì che nei suoi Moderati in Rivoluzione candida i fratelli Ruggirello: Paolo, deputato regionale proveniente dal Movimento per l’Autonomia è numero due alla Camera, mentre Bice, già candidata alle regionali del 2006 con il Ccd, è numero 2 al senato. Sono i figli di Giuseppe Ruggirello, banchiere trapanese proprietario negli anni ’70 della Banca Industriale, storico sponsor del leader socialista Bartolo Pellegrino, vice presidente della Regione Sicilia governata da Cuffaro, arrestato per mafia nel 2007 mentre al telefono chiamava i carabinieri “sbirri e infami” e poi assolto in via definitiva.

DUE IMPRESENTABILI NEW ENTRY - L’uno candidato in Piemonte, l’altra in Toscana alla Camera. Entrambi sono stati testimoni a difesa nel processo Ruby. Silvio Berlusconi inserisce nelle liste nuovi amici.  Ed ecco che – come racconta Dagospia – agguantano una candidatura Simonetta Losi, moglie del pianista Danilo Mariani (anche lui sentito come teste nel processo bis) che si esibiva nelle cosiddette cene eleganti di Arcore insieme al cantautore Mariano Apicella (il Cavaliere ha comprato le case di entrambi, ndr), e Bruno Archi, già diplomatico di Palazzo Chigi.
Simonetta Losi, già vicecoordinatrice del Pdl senese e già candidata a sindaco a Sarteano, è stata inserita al sesto posto nella sua regione. Ed ecco cosa avev detto ai giudici il 31 ottobre scorso:  ”Non riuscivamo a vendere il nostro appartamento e abbiamo quindi chiesto aiuto al Presidente e abbiamo venduto la casa a una delle sue società”. La signora, che cantava accompagnata dal marito al piano nella residenza dell’ex premier, aveva tinteggiato in toni pastello le serate di Arcore come ”cene normali” e aveva chiarito di non aver ”mai visto atteggiamenti di natura sessuale, né spogliarelli, né toccamenti”. A proposito di una serata del 22 agosto 2010, nella quale erano presenti anche Chiara Danese e Ambra Battilana (le due ex miss che, stando al loro racconto, se ne andarono poi disgustate), la Losi aveva risposto al pubblico ministero di avere visto ”le due giovani tranquille e serene”. L’ormai famosa ‘statuetta di Priapo‘ che venne portata al tavolo quella sera, secondo la testimone, ”era solo uno scherzo e non mi risulta che le ragazze abbiano simulato rapporti orali”.
Non era stata diversa la testimonianza e anche su un altro tema del procedimento di Bruno Archi, diplomatico in servizio presso la presidenza del Consiglio che, il 5 ottobre scorso, aveva confermato che al pranzo istituzionale con l’allora presidente egiziano Hosni Mubarak del 2010 si parlò di di Ruby. Alle domande del procuratore aggiunto Ilda Boccassini, Archi aveva risposto: ”Il presidente Berlusconi disse che aveva conosciuto una ragazza egiziana e chiese a Mubarak se fosse una sua parente e se facesse parte della sua cerchia familiare”. Alla richiesta di chiarimento su quale fosse stata la risposta di Mubarak Archi aveva spiegato: ”Rimase incuriosito, ma a mio avviso non capì bene, c’era confusione. Non ricordo, però, se rispose a questa domanda”. Mentre i componenti della sua delegazione, secondo il diplomatico, ”cominciarono a interloquire affermando che, con questo nome, conoscevano una cantante egiziana” .

ASSENTI ANCHE FONDATORI DI FORZA ITALIA – Tra gli assenti, spiccano anche personaggi che hanno fondato Forza Italia. Non ci saranno l’ex Ministro Claudio Scajola e l’ex Presidente del Senato Marcello Pera. Il primo, pure plurindagato, non ha trovato grossi inviti a candidarsi e ha colto al volo la richiesta di Berlusconi di fare un passo indietro. Scelta politica invece quella di Marcello Pera, già non più parlamentare dal 2008 e deluso della mancata rivoluzione liberale millantata invece dal Cavaliere ormai da vent’anni.

L'EPURAZIONE DI MOLTI EX AN – Tanti gli ex An passati poi al Pdl fatti fuori. Oltre ai succitati Landolfi e Viespoli, chi è rimasto fuori per motivi esclusivamente politici - si dice per il breve passaggio nella file di Futuro e libertà prima del rientro nel centrodestra - è l'ex ministro per le Politiche europee, Andrea Ronchi. Inizialmente destinato a un posto in Senato è poi sparito dalle liste. Stesso motivo pare essere legato all’esclusione di Adolfo Urso, Pasquale Viespoli e Pippo Scalia, pure passati a Fli e poi ritornati nel Pdl. Un breve tradimento non perdonato.
Esce di scena anche l'ex ministro per gli Affari regionali, Enrico La Loggia, uno degli «uomini del '94» e dei forzisti della prima ora.
L'elenco degli esclusi continua con l'ex presidente dei senatori di An e vicepresidente del Senato uscente, Domenico Nania, in Parlamento dal 1987 quando venne eletto nelle liste del Movimento sociale. Fuori anche l'ex presidente della Commissione Trasporti Mario Valducci. Così come non sono in lista Souad Sbai e il vicepresidente dei deputati del Pdl ed ex presidente dell'Anci, Osvaldo Napoli.
Sorprendente e inattesa, infine, la candidatura in una posizione che non gli garantisce la rielezione del coordinatore friulano Isidoro Gottardo.

LA CANDIDATURA DI CARRARO URTA I BOLOGNESI - Franco Carraro, una lunga sfilza di incarichi istituzionali che ne certificano la presenza in ogni dove (calcio compreso) e un quarto posto che assicura un seggio al Senato senza troppa fatica. Con la benedizione di Silvio Berlusconi, il quale - secondo fonti di stampa - si sarebbe scomodato personalmente per garantire quel posto in lista per il buon Carraro.

Una scelta infelice, se ha provocato una simile reazione anche tra le fila dei pidiellini più ortodossi. La stampa locale ha intrapreso una attività di recupero per illustrare l'opera di Carraro nei riguardi del Bologna. I fatti risalgono al 2005: il Bologna era appena retrocesso ed era stato negato il ripescaggio nel campionato di serie A, al posto della Reggina che si era iscritta presentando false fideiussioni. Giuseppe Gazzoni Frascara, imprenditore e all’epoca presidente del club rossoblù contestò le scelte effettuate. "Fu lui (Carraro, ndr) a decidere il mancato ripescaggio del Bologna - si legge in un'intervista al Corriere Bologna - E quello fu uno schiaffo a tutta la città".
"Una sfrontatezza senza pari", ha detto. "Che scelta ha fatto il Pdl? Se c’è una persona che ha fatto un torto alla città, ebbene è Franco Carraro". Toni espliciti per rendere l'accoglienza riservata alla candidatura e il posto blindato riservato a un uomo sempre presente nei posti che contano.


Insomma, nonostante qualche esclusione eccellente, nel Pdl c’è ancora molta pulizia da fare. Cambiamenti minimi che non potrebbero bastare al centro-destra per colmare la ridicola sesta ricandidatura del Cavaliere e l’ennesima alleanza con la Lega, dopo essersi detti, ancora una volta, peste e corna.

(Fonti: Il fatto quotidiano1, Il fatto quotidiano2, Il Fatto quotidiano3, Il GiornaleLibero
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