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TURISMO SESSUALE IN AUMENTO, LE METE PREFERITE DAI PEDOFILI


I PREZZI LOW COST CONSENTONO A TUTTI DI RAGGIUNGERE METE PARADISIACHE, DOVE PERO’ TROVARE ANCHE PROSTITUZIONE MINORILE

Professionisti affermati, cittadini modello, persone distinte, familiari e amici esemplari. Dietro persone insospettabili si nascondono squallidi turisti in cerca di prostituzione minorile. Cercano mete esotiche e incontaminate, ma, al contempo, anche minorenni pronti a soddisfare a basso costo le loro voglie proibite impossibili da soddisfare nel Paese d’origine.
Vediamo l’identikit del pedofilo viaggiante e quali sono le sue mete più ambite.

QUANTI E CHI SONO – Si contano 3 milioni di partenze ogni estate nel mondo, 80 mila solo dall'Italia. L'età media del viaggiatore che ha rapporti con minori è tra i 20 e i 40 anni. Merito del turismo di massa low cost che ha messo a disposizione di tutte le tasche destinazioni una volta riservate solo ai professionisti affermati. Ora, infatti, anche il giovane operaio può andare a letto con una minorenne in un bordello di Bangkok o in un resort di Malindi. Ogni angolo del globo ha una propria tragica specializzazione.

ITALIANI IN AUMENTO, PRIMI IN KENYA- L'industria dello sfruttamento sessuale è diffusa e florida, nonostante la crisi. E viene alimentata generosamente dagli italiani.
«Negli ultimi anni hanno scalato pesantemente i primi posti di questa terribile classifica, in Repubblica Dominicana, Colombia, Brasile. Se prima in alcuni Paesi eravamo fra i primi quattro o cinque, oggi siamo i più presenti in Kenya», ha spiegato a Lettera43.itMarco Scarpati, presidente di End child prostitution pornography and trafficking Italia.

KENYA - Lo sbarco è all'aeroporto di Mombasa: una volta nota come «l'isola della guerra», diventata oggi il capoluogo dell'industria del turismo kenyota e dei suoi malati sottoprodotti. Da qui si dirigono verso le destinazioni della costa, lungo la via che porta alla Tanzania e che scorre parallela alla barriera corallina.
Le bambine le trovano qui: tra le discoteche e i centri commerciali di Diani Beach o nei dintorni dei resort di Kalifi, all'estuario del Fiume Goshi, dove il colore dell'acqua passa dal verde menta al blu acciaio.
Su questi litorali di sabbia bianca da cartolina, tra le 10 e le 15 mila bambine vendono occasionalmente il loro corpo, 2-3 mila bambine sono prostitute per professione. Il 24% dei loro clienti sono italiani, una percentuale poco inferiore a quella dei residenti (35%). Poi vengono svizzeri e francesi. Clienti occasionali che forse non sanno che in Kenya una persona su sei è malata di Aids.

I CARAIBI DI SANTO DOMINGO - Le architetture coloniali di Santo Domingo, prima città spagnola fondata da Cristoforo Colombo in America, fanno da scenografia a un rigoglioso mercato del sesso. Fiorito ai confini di parchi e riserve naturali affacciate sul caldo Mar dei Caraibi.
Su una popolazione che non raggiunge nemmeno gli 8,5 milioni di abitanti, sono 25 mila i ragazzini e le ragazzine che vendono il loro corpo. Contribuendo a loro modo al Prodotto interno lordo della piccola repubblica delle Grandi Antille. I clienti sono soprattutto locali, ma tra i turisti stranieri (circa il 15%) gli italiani sono terzi, dopo i canadesi e gli statunitensi.

BRASILE - Nel 2014 c'è l'appuntamento con il Mondiale di calcio, nel 2016 arriva l'Olimpiade, il Brasile attende con frenesia che lo sguardo del mondo gli si fissi addosso. Intanto con uguale bramosia troppi turisti arrivano con l'intento di comprare momenti di piacere in compagnia di bambine e adolescenti. Succede nelle capitali del Brasile più conosciuto, quello del Nord Est, più povero e più nero. Città che hanno un numero di contraddizioni pari a quello dei loro abitanti. Recife, capitale del Pernanbuco con i suoi grattacieli spuntati come funghi sulla spiaggia, Natal capitale del Rio Grande do Norte con il suo litorale sempre acceso dalle luci dei locali assiepati tra la spiaggia di Porta negra e quella degli artisti. Fortaleza, la quarta metropoli più popolata del Paese. Basta l'area metropolitana di queste tre città per contare mezzo milione di ragazzi dediti alla prostituzione. I loro migliori clienti? I portoghesi, i tedeschi e gli italiani.

COLOMBIA - C'è chi sfrutta il rialzo dei prezzi delle materie prime e chi fa i conti con la bolla immobiliare. Il boom dell'economia colombiana, invece, è quello della prostituzione minorile. Dal 2007 al 2008, il numero di minori che vendono prestazioni sessuali è lievitato da 12 mila a 23 mila, fino ai 35 mila registrati nel 2009.
Dalle Ande al deserto, dall'Amazzonia al mar dei Caraibi, la Colombia offre ai turisti un caleidoscopio di opportunità.
La più conosciuta però è la baia di Cartagena con la leggendaria Isola di Tortuga e i locali notturni dove le ragazze vanno a caccia di americani ed europei in vacanza. Una fetta di costa considerata un vero e proprio paradiso del turismo sessuale, fatto di villaggi di pescatori e bordelli, frequentato da squali dentro e fuori dall'acqua.
Il 16 luglio del 2010, però, è stata pronunciata la prima sentenza di condanna contro uno straniero, e il destino ha voluto che fosse un italiano: un friulano 72enne, Paolo Pravisani. La polizia colombiana lo sorprese nel suo appartamento completamente ubriaco in compagnia di un ragazzino agonizzante.

THAILANDIA - Le attrattive non mancano: l'isola di Phouket, Karon Beach e Patong Beach, i tramonti sull'Oceano Indiano o le passeggiate a dorso di elefante. Ma la Thailandia è tristemente nota per essere il tempio del turismo sessuale minorile. In pochi anni, ha ridotto il tasso di povertà dal 21% all'8%. Ma non è riuscita ad arginare la piaga della prostituzione. Anzi, l'industria dello sfruttamento sessuale ha moltiplicato l'offerta e importa ragazzini dai Paesi vicini, dalla Cina alla Cambogia.
A Bangkok il quartiere a luci rosse è anche quello dove si concentra il maggior numero di hotel: di giorno ci si dedica al business, di notte si spendono i guadagni in piacere a basso costo.
Il sesso, anche con ragazzine tra i 13 e i 15 anni, è diventato un servizio aggiuntivo, offerto in hotel e ristoranti al prezzo di un'aragosta. Mentre nel Nord Est del Paese, nella regione del Chang Mai, le bambine si vendono a ritmo di musica nei karaoke bar.

VIETNAM - Gadget hi tech e spezie, paccottiglie di guerra e pesce al tamarindo  Ecco il fascino dell'ex Indocina, il Vietnam che ha vinto contro Francia, Stati Uniti e Cina: un mix di tunnel scavati dai vietcong, gamberi al cocco serviti nei migliori ristoranti e prostituti bambini.
Secondo un report della John Hopkins University i turisti che arrivano nello Stato socialista cercano soprattutto la prostituzione maschile. Il 10% dei venditori di sesso sono minorenni e si concentrano nella parte meridionale del Paese, la regione di Ho Chi Min City (l'ex Saigon). Per le ricerche condotte dall'International labour organization sullo sfruttamento sessuale dei minori, l'80% dei bambini del Vietnam del Sud considera la prostituzione una via per uscire dalla povertà.

CUBA - Prima dell'avvento di Fidel Castro aveva la fama di bordello d'America. E da questo punto di vista il socialismo reale non è stato affatto rivoluzionario. L'offerta a luci rosse di Cuba soddisfa ancora tutti i gusti: pelle bianca, nera o mulatta, ragazzi e ragazze, giovani o bambini.
Accolgono i turisti direttamente all'aeroporto per assicurarsi il diritto di prelazione e per accompagnarli durante l'intera vacanza. Si concedono per un cocktail con ghiaccio o per un viaggio a bordo di una cadillac lungo le arterie colorate e pulsanti de L'Avana.
Sulle spiagge si adocchiano con facilità maschi europei di mezza età, affiancati da adolescenti dalla pelle caffelatte. Eppure, anche se il fenomeno non incide sulle statistiche, le donne sono sempre più frequenti, pronte ad aprire le loro borse trendy per pagare i jinetero, i cosiddetti «cavalcatori».
Chissà quanti di loro, dopo essere tornati a casa, abbracciano e baciano i propri figli o nipoti che hanno la stessa età di chi in vacanza ha soddisfatto la loro perversione. E nessuno ne saprà mai nulla.

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ALLA SAPIENZA LEZIONI SOTTO LE TENDE, L’EMBLEMA DELL’UNIVERSITA’ ITALIANA


CARENZA DI AULE SOPPERITA CON UNA STRUTTURA TEMPORANEA SUL PRATONE. STUDENTI INDIGNATI

No, a Roma non è tornato Gheddafi a dare lezioni sull’Islam e ad essere accolto con tutti gli onori da Berlusconi. Come sappiamo il Raìs è passato a miglior (o peggior) vita. Ma purtroppo si tratta di un’assurda iniziativa per risolvere la carenza di aule da parte della più importante ed affollata Università italiana: La Sapienza di Roma. Sul vasto prato antistante la Facoltà di Giurisprudenza sono stati montati enormi tendoni, che ospiteranno le lezioni e gli esami di Diritto privato e Procedura civile.


LE DIFFICOLTA’ - Tutto questo, nonostante l'iniziativa presa dalla facoltà guidata dal professor Giorgio Spangher, ordinario di Diritto processuale penale in carica dalla primavera scorsa, tenti di risolvere almeno in parte il problema del continuo peregrinare degli studenti da una sede all'altra, aggravato dallo sfratto dall'ex Palazzo delle Poste del quartiere San Lorenzo (in cattive condizioni e quindi in attesa di una robusta ristrutturazione) e in vista del completamento degli «eterni lavori» per realizzare un piano rialzato nell'edificio storico che ospita la facoltà di Giurisprudenza, dove gli interventi di ampliamento sono stati deliberati e finanziati (almeno in parte) nel 2007, per poi iniziare un iter costellato di ritardi, intoppi e persino una sciagura: l'incidente sul lavoro che causò la morte di un operaio, il 22 dicembre del 2010.
E allora, come rimediare? Se nuovi spazi non ce ne sono, se le strutture periferiche non bastano più (ci sono studenti di Giurisprudenza che seguono lezioni e altre attività didattiche in trasferta, persino nelle aule di Medicina legale e di Matematica), «allora c'è subito da realizzare una struttura completamente nuova, ma temporanea», hanno pensato i vertici dell'ateneo a maggio scorso, alla vigilia dell'approvazione della delibera della discordia. «La tensostruttura servirà soltanto a tamponare l'emergenza, in vista dell'avvio del prossimo anno accademico. Subito dopo, quando ci saranno nuove aule nelle sedi rimesse a posto, verrà smantellata», assicurano dal rettorato della Sapienza.

LA PROTESTA DEGLI STUDENTI - Ma gli studenti non ci stanno, non vogliono aspettare né rinunciare a quello spazio, al loro pratone. «Hanno approfittato dell'estate e dei viali vuoti per montare questa struttura. Altrimenti ce ne saremmo accorti subito e ci saremmo opposti in ogni modo. Ma non molliamo», assicurano. Adesso il terreno di scontro, il campo di battaglia, sarà proprio quell'immenso prato verde davanti a Giurisprudenza.
«Buttano il denaro in lavori inutili e poi ci mettono in una tenda, come i terremotati. Nascondendo il pratone, per giunta», si sfogano gli studenti che fanno capo all'associazione Link. Perché la decisione del consiglio d'amministrazione della Sapienza, presa il 10 luglio scorso sfruttando l'atmosfera svagata dell'estate, di realizzare un tendone per tentare di colmare il problema della carenza di aule e spazi per la didattica, agli studenti proprio non piace. «Giù le mani dal pratone» è lo slogan della mobilitazione che corre già sui social network, su Facebook e su Twitter, dove l'hashtag più gettonato è «Addio pratone», seguito da «Più prati, meno Frati», invettiva che coinvolge direttamente il rettore della Sapienza, Luigi Frati, finito spesso nel mirino delle associazioni studentesche, soprattutto per la questione dei parenti al lavoro nello stesso ateneo.

E pensare che La Sapienza è il polo accademico con più iscritti, dunque più introiti e carichi di responsabilità. Proprio Giurisprudenza conta 11 mila iscritti, sul totale che sfiora i 145 mila. Alla Sapienza “c’è un grande prato verde dove nascono speranze”, si organizzavano proteste, ci si conosceva e si scambiavano esperienze. Ora ci hanno piazzato dei tendoni, come se ci fosse stato un terremoto: quello degli sprechi e dell’incompetenza.

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DOPO I PROFESSORI, AL GOVERNO TORNERANNO GLI ASINI


IL TUTTI CONTRO TUTTI DEI PARTITI NON LASCIA BEN SPERARE PER IL DOPO MONTI

Il fatto che abbiamo avuto cinque governi tecnici negli ultimi vent’anni la dice lunga sulla qualità della politica italiana. Questi continui commissariamenti sono l’eloquente dimostrazione di quanto siano stati incapaci di governare i partiti nella Seconda Repubblica. Si è parlato anche di arrivo di una Terza, ma basta leggere e ascoltare le dichiarazioni degli attuali leader in campo (attuali per modo di dire, perché sono sempre gli stessi) che si capisce bene quanto un ritorno alle urne ci riporterà al punto di partenza; con partiti poco responsabili, opportunisti, divisi internamente e scarsamente protesi a un programma comune. Poi la riforma elettorale in discussione sembra fatta apposta per preservare la Casta e difendere gli interessi dei tre partiti a sostegno di Monti.
Vediamo qual è la situazione a destra e a sinistra.  


DESTRA, TRA RITORNO DI BERLUSCONI E LEGA AMBIGUA – Nemmeno in un film di Nanni Moretti potremmo vedere una cosa simile: il Cavaliere sta pensando seriamente di ricandidarsi, nonostante il fatto che lo faccia da vent’anni, vada verso i 76 anni e, soprattutto, sia stato scacciato dai mercati a colpi di Spread e deriso da mezzo Mondo. La sua rivoluzione liberale non si è mai vista, anzi, abbiamo una pressione fiscale che sfiora il 50% sui redditi (la più alta del Mondo) e una povertà dilagante.
Ma a destra non sono mai riusciti a trovare un’alternativa, a fare a meno di lui. Lo stesso Alfano come suo successore è poco convincente, per non parlare degli ex An. Bravi ad urlare ed aggredire, ma mai sbocciati come leader.
E poi c’è la grana Lega, ormai tornata ai linguaggi e all’atteggiamento di vent’anni fa. Sebbene Maroni, come già detto in un’altra occasione, appaia imbarazzato e ambiguo; conteso tra l’opportunità di fare carriera e la necessità di non deludere ulteriormente un elettorato già demoralizzato e sconvolto per la vicenda di casa Bossi.
Altri partiti consistenti a destra per ora non se ne vedono, con La Destra di Storace che si aggira sempre intorno a quel misero 2% da 4 anni.

A SINISTRA REGNA, COME AL SOLITO, LA CONFUSIONE – La sinistra italiana, come da vent’anni a questa parte, è la solita Royal rumble di wrestlinghiana memoria. Il Pd continua a corteggiare Casini, che da buon democristiano, continua a gongolare; mentre, al contempo, continua ad avvicinarsi e allontanarsi dall’oratore-filosofo Vendola e, soprattutto, dal vulcanico Di Pietro. In un anno non si contano ormai più le volte in cui la famosa foto di Vasto sia stata strappata e rincollata.
Poi si è messo Beppe Grillo, il quale, pur essendo diventato un leader politico a tutti gli effetti, continua a parlare da comico da Piazza, Teatro o webcam. Preservando un linguaggio violento e spesso inopportuno, buono per scaldare le folle e attirare il gregge, ma poco consono a chi vorrebbe entrare, mediante il suo partito, in Parlamento.

GLI OPPORTUNISTI CASINI, RUTELLI E FINI – Infine, due righe su tre personaggi opportunisti e interessati esclusivamente alla carriera. Casini, che appoggia incondizionatamente Monti, avendo così l’unica opportunità di governare. Ha chiuso al Pdl, tentenna col Pd e spera di entrare comunque in Parlamento e prendersi qualche poltrona.
Poi c’è Francesco Rutelli, che continua a fondare partiti per esserne il leader, per poi uscirne sentendosi stretto. Il suo Api arriva a malapena all’un per cento, ma in tv parla come se ne avesse il trenta. Alle prossime politiche probabilmente cercherà qualche seggio nell’Udc, morendo definitivamente democristiano. Lui che era un fervente radicale anti-clericale.
Infine Gianfranco Fini, lo sfascia partiti. Delfino di Almirante, ha modernizzato la destra sociale rendendola partito di governo. Poi l’ha svenduta al Cavaliere, per poi uscire dal Pdl e fondare un partito che al massimo arriva al 3%. La sua bella carriera all’ombra di Berlusconi l’ha comunque fatta, ma rischia di giungere definitivamente al capolinea. Forse morirà anche lui democristiano.

Insomma, se tutto va bene, siamo rovinati.
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A CASORIA RAGGIRATO IL VOTO DEGLI ELETTORI


IL BILANCIO DI PREVISIONE E’ STATO APPROVATO DA UNA MAGGIORANZA DIVERSA DA QUELLA SCELTA DAGLI ELETTORI

A Casoria la democrazia è stata raggirata, in occasione dell’approvazione del Bilancio di previsione nel mese di luglio. La maggioranza a sostegno del Sindaco Carfora non è infatti più quella votata dai casoriani lo scorso anno. Il Bilancio è stato approvato in modo risicato con 13 voti favorevoli e 12 contrari, con 4 consiglieri di opposizione passati in maggioranza e viceversa 6 della maggioranza passati all’opposizione. Cambiata anche la Giunta.

CHI SONO I SALTIMBANCO – I quattro consiglieri di centro-destra che hanno votato in maniera favorevole, passando così di fatto in maggioranza, sono: Ferrara, Cerbone, Pugliese e Capano. I consiglieri di centro-sinistra che invece si sono opposti sono: Balsamo, Fuccio, Marigliano, Laezza, Monaco e Orsino Esposito.
Curioso il caso di Stefano Ferrara, Sindaco in quota Pdl della scorsa legislatura, e oggi, passato con il centro-sinistra, e dopo questo salto, dato dai “rumors” possibile Presidente del consiglio comunale. Ma anche quello di Pasquale Fuccio, che invece è il Presidente del consiglio comunale in carica, e dunque il suo diniego vale doppio. Si attendono pertanto anche le dimissioni.

CAMBIATA LA GIUNTA – Questa discutibile e camaleontica votazione ha provocato inevitabilmente anche radicali cambiamenti nella Giunta: Fuori Gagliardi del Pd e Bene dell’Idv, dentro Lanzano (Idv) e Valeria Esposito (secondo i ben informati in quota Pugliese, uno dei quattro consiglieri passati in maggioranza). Gli Assessori passano quindi da 6 a 7, alla faccia della Spending review.
Il Partito democratico si è tirato dunque fuori da questi squallidi giochini, in accesa polemica con il Sindaco formale, Carfora, e sostanziale, Casillo. Nonostante ciò resta nella Giunta Pasquale Tignola - Assessore all’ambiente del Pd, con poca voglia di salvarsi la faccia – e il consigliere Rosa Sosio. Entrambi comunque sospesi dal partito.

Insomma siamo ai soliti giochetti di palazzo. Altro che rilancio dell’azione amministrativa, qui siamo di fronte al solito raggiro del voto popolare, nonché ai soliti scambi politici. Oramai ci siamo abituati a livello nazionale, figuriamoci a quello locale. 
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VALLANZASCA, IL COMMESSO PLURIOMICIDA


CRIMINALE MILANESE NEGLI ANNI ’70, LAVORAVA IN UN NEGOZIO DEL BERGAMASCO CHE POI LO HA LICENZIATO PER LE ACCESE POLEMICHE

Dopo Adriano Sofri che da’ lezioni all’Università e scrive per alcuni giornali di sinistra e Cesare Battisti in vacanza in Brasile, un altro criminale anni ’70 pare oggi passarsela bene: Renato Vallanzasca Costantini, meglio conosciuto solo come Renato Vallanzasca, o ancora “Bel Renée”. E’ stato infatti scovato a fare il commesso in un negozio di Sarnico, in provincia di Bergamo. Ironia della sorte, proprio dove uccise due poliziotti. Dopo le accese polemiche che il caso ha suscitato, Vallanzasca è stato licenziato dal negozio.
Come vedremo, i due poliziotti non furono le sue uniche vittime. Ad aggravare il suo curriculum anche numerose fughe da galera.

LA BEFFA – Vallanzasca, il 6 febbraio 1977, con la sua Banda della Comasina, uccise al casello autostradale di Dalmine gli agenti della Polizia Stradale Luigi D'Andrea e Renato Barborini. La vedova del primo da anni si batte con tutte le sue forze perché all'ex bandito non vengano concessi benefici. Vibranti le sue parole anche contro il film uscito nei mesi scorsi per opera di Michele Placido: «Così si fa diventare eroe un criminale».

I PRIMI PASSI CRIMINALI - Il suo primo incontro con la giustizia avviene all'età di soli otto anni, quando cerca di far uscire dalla sua gabbia la tigre di un circo che aveva piantato il tendone proprio nelle vicinanze di casa sua. Il giorno successivo a quell'atto, Renato viene prelevato direttamente dalla polizia mentre sta giocando a pallone con i propri amici e portato al carcere minorile Beccaria. La vicenda gli costa il successivo trasferimento e affidamento forzato a casa di una zia (la Zia Rosa, che in realtà era la prima moglie del padre), in via degli Apuli, nel quartiere del Giambellino, periferia sud-ovest di Milano; praticamente nella parte opposta della città rispetto alla casa dei genitori. Nel 1965 frequenta la scuola della professoressa Enrica Tosi in via Ponchielli, iscrivendosi al biennio di Ragioneria e ritornando a vivere con la madre.
È al Giambellino che forma la sua prima combriccola di piccoli delinquenti, ragazzini dediti a furti e taccheggi. Nonostante la giovanissima età, Vallanzasca rivela già il carisma di un capo criminale; comincia a farsi un nome anche negli ambienti della ligèra, la vecchia mala milanese, con la quale inizia precocemente ad intrattenere rapporti. In breve tempo però, sentendosi andare strette le regole della malavita vecchio stampo, decide di delinquere autonomamente e di formare una propria banda. La cosiddetta Banda della Comasina diviene probabilmente il più potente e feroce gruppo criminale presente a Milano in quegli anni, contrapponendosi ad una gang altrettanto famosa nel medesimo periodo, la banda di Francis Turatello.

L’ASCESA NEGLI ANNI ’70 - In poco tempo, grazie ai furti e alle rapine, Vallanzasca accumula ingenti ricchezze e inizia a condurre e ad ostentare un tenore di vita molto sfarzoso: vestiti firmati, orologi d'oro, auto di lusso, bella vita e belle donne. È anche un ragazzo dotato di un aspetto particolarmente avvenente e affascinante, con un bel viso dagli occhi cerulei, viene per questo soprannominato "Il bel René" (nomignolo da lui detestato). La prima interruzione nell'ascesa della carriera criminale de "Il bel René" avviene nel 1972 quando, una decina di giorni dopo una rapina ad un supermercato, viene arrestato dagli uomini della squadra mobile di Milano, all'epoca diretta da Achille Serra.
Lo stesso Serra racconta che, durante la perquisizione in casa del bandito, Vallanzasca si sfila il Rolex d'oro che porta al polso e appoggiandolo sul tavolo della sala gli dice con tono di sfida: "Se riesci a incastrarmi questo è tuo!". Pochi momenti dopo il maresciallo Oscuri trova nel cestino della spazzatura la prova che lo incastrerà, ovvero i pezzettini di un foglietto che, una volta riordinati, mostreranno la lista degli stipendi dei dipendenti del supermercato rapinato.
Vallanzasca viene incarcerato inizialmente a San Vittore, trascorrendo i successivi quattro anni e mezzo di prigionia con un unico intento: trovare un modo per evadere. Durante questo periodo non mantiene però un comportamento da detenuto modello. Oltre a rendersi responsabile di vari tentativi d'evasione falliti, di risse e di pestaggi, partecipa attivamente anche a diverse sommosse di detenuti, che, durante questi anni, spesso agitano l'ambiente carcerario italiano. A seguito di ogni pestaggio, rivolta, o tentativo di evasione, viene deciso il suo trasferimento dall'istituto di pena in cui si trova: tutto ciò lo vede cambiare 36 penitenziari.

LA FUGA E LA LATITANZA - Fino a che non escogita il modo per contrarre volontariamente l'epatite, iniettandosi urine per via endovenosa, ingerendo uova marce e inalando gas propano, con l'intento di essere conseguentemente ricoverato in ospedale. È da lì, grazie ad una vigilanza meno stretta e con l'aiuto di un poliziotto compiacente, che riesce nel suo intento di evadere.
Dopo la fuga, durante la sua latitanza, Vallanzasca riesce a ricostituire la sua banda. Con essa mette a segno una settantina di rapine a mano armata che lasciano dietro di sé anche una lunga scia di omicidi, tra cui si contano quelli di quattro poliziotti, un medico e un impiegato di banca. Nel medesimo periodo avviene inoltre un'ulteriore evoluzione nell'attività criminale del gruppo, con il passaggio dall'esecuzione delle sole rapine, a quello dei sequestri di persona (saranno quattro, di cui due mai denunciati). Una delle sue vittime è Emanuela Trapani, figlia di un imprenditore milanese, che viene tenuta segregata per circa un mese e mezzo, dal dicembre 1976 al gennaio 1977, e quindi liberata dietro il pagamento di un riscatto di un miliardo di lire. A questo episodio criminoso, il 6 febbraio 1977, fa subito seguito l'uccisione di due uomini della polizia stradale che, in un posto di blocco ad un casello autostradale nei pressi di Dalmine, fermano per un controllo la macchina su cui Vallanzasca viaggia; ne segue uno scontro a fuoco in cui gli agenti Luigi D'Andrea e Renato Barborini perdono la vita e in cui il bandito stesso viene colpito. Ferito e braccato, Vallanzasca cerca rifugio a Roma, ma dopo pochi giorni, 15 febbraio 1977, viene rintracciato e catturato. Tutto ciò quando ancora non ha compiuto 27 anni.
Una volta tornato in carcere, decide di sposarsi il 14 luglio del 1979 con Giuliana Brusa, una delle tante ammiratrici che gli scrivono. Come suo testimone di nozze, durante il matrimonio, decide di avere il criminale del clan dei Marsigliesi Albert Bergamelli e come "compare di anelli" proprio l'ex nemico Francis Turatello, a suggello di un'alleanza con quest'ultimo. Due anni più tardi, quando ancora si trova in carcere, Turatello verrà però ucciso da alcuni sicari incaricati da mandanti ignoti; sarà un'esecuzione dalle modalità estremamente efferate e cruente, di cui ancora sono oscure le ragioni.

LE RIPETUTE FUGHE NEGLI ANNI ’80-’90- Nella prigione di Novara, nel 1981, Vallanzasca contribuisce a fomentare un'ennesima rivolta carceraria durante la quale vengono uccisi alcuni collaboratori di giustizia. Fra questi vi è anche un giovane membro della sua banda, Massimo Loi. La vittima, poco più che ventenne, aveva deciso di abbandonare definitivamente la vita criminale, come ricorda anche Achille Serra, per iniziarne una nuova. Il Loi però, un tempo legato da un rapporto fraterno a Vallanzasca, si era reso responsabile di errori e di atti contro di lui ed i suoi genitori che, agli occhi del suo capo, avevano profondamente tradito la fiducia e l'amicizia concessagli. Si racconta che Vallanzasca pertanto, aiutato da alcuni suoi compagni di prigionia, armatosi di coltello, avrebbe approfittato della rivolta in atto per andarsi a vendicare e non dare più modo al ragazzo (che si trovava recluso nel medesimo carcere) di lasciare il penitenziario vivo: dopo averlo raggiunto all'interno di una cella, Vallanzasca lo avrebbe colpito ripetutamente al petto con il coltello, infierendo poi con ulteriori atrocità sul corpo del giovane ormai esanime, arrivando a decapitarlo ed infine a giocare a pallone con la sua testa. Della morte di Loi, Vallanzasca ha però continuato a negare per decenni la responsabilità diretta e lo sfregio del corpo. Anche in un'intervista concessa a L'Europeo il 2 aprile 2006, continua a ribadire la propria estraneità e il legame d'affetto che aveva con il ragazzo, adducendo come testimonianza diretta e a favore, quello che il noto criminale Vincenzo Andraous avrebbe riportato nel proprio libro di memorie, nelle quali quest'ultimo, tra le molte atrocità di cui si dichiara colpevole, confessa il suo ruolo nell'efferata vicenda (Andraus verrà infatti condannato in quanto partecipe come uno degli assassini del Loi); queste dichiarazioni contraddicono però anche la stessa autobiografia, "Il fiore del male. Bandito a Milano", che Vallanzasca scrive attraverso la testimonianza raccolta da Carlo Bonini, giornalista del quotidiano La Repubblica. Nel 2010, però, all'interno di un nuovo libro biografico scritto insieme a Leonardo Coen[6], lo stesso Vallanzasca ammette il proprio atroce delitto, descrivendo nei particolari anche i motivi e il modo in cui si sarebbe compiuto.
Dopo la vicenda di tale rivolta, viene condannato al regime di carcere duro. Riesce però ad evadere nuovamente, il 18 luglio 1987, scappando rocambolescamente attraverso un oblò del traghetto che da Genova avrebbe dovuto portarlo al carcere dell'Asinara, in Sardegna. I 5 carabinieri di scorta, tutti con meno di 25 anni vengono successivamente condannati da un tribunale militare. Ricercato e senza fonti di reddito viene comunque fermato ad un posto di blocco neppure tre settimane dopo, mentre cerca di raggiungere Trieste.
Nel settembre 1990 divorzia da Giuliana Brusa. Tornato in galera tenta un'altra volta la fuga, nel 1995, questa volta dal carcere di Nuoro. Per questo tentativo di evasione viene sospettata e accusata di averlo aiutato la sua stessa Legale, con la quale si dice che Vallanzasca avesse stretto un forte legame che sarebbe andato oltre il semplice rapporto di assistito. Dal 1999 è rinchiuso nel carcere speciale di Voghera.

LA SEMILIBERTA’ - A partire dall'8 marzo 2010 Renato Vallanzasca può usufruire del beneficio del lavoro esterno. Gli viene concesso di uscire dal carcere alle 7.30 per lavorare, e rientrarvi alle 19.00. Ha prestato servizio in una pelletteria, che è anche una cooperativa sociale nel milanese, mentre oggi lavora in un negozio di abbigliamento a Sarnico in provincia di Bergamo. Il 30 maggio 2011 Il Tribunale di Milano ha sospeso Vallanzasca dal beneficio del lavoro esterno perché l'ex bandito violava le regole di utilizzo del beneficio, in particolare per incontrarsi segretamente con una donna; inoltre, sempre nel mese di maggio 2011, la Corte di Cassazione ha condannato Vallanzasca a rimborsare allo Stato le spese di mantenimento in carcere. Nel febbraio 2012 ha riottenuto il beneficio di poter lavorare all'esterno del carcere, come magazziniere

ISPIRATORE DI CINEMA, MUSICA E TEATRO - Nel 2011 Michele Placido ha realizzato Vallanzasca - Gli angeli del male, un film basato sulla vita del bandito e tratto dalla sua autobiografia: Il fiore del male Il film, presentato fuori concorso alla sessantasettesima rassegna cinematografica della Mostra di Venezia, ha suscitato numerose critiche e accese polemiche; ha una colonna sonora originale composta dai Negramaro ed è interpretato da Kim Rossi Stuart, che impersona lo stesso Vallanzasca, Filippo Timi e Valeria Solarino.
Vallanzasca ha ispirato anche due libri: "Volevo essere Vallanzasca" è il titolo del romanzo scritto da Federico Riccardo Chendi, edito da Cicorivolta; descrive il quartiere Crescenzago ai giorni nostri ma facendo parecchi riferimenti agli anni ’70. Nel 2010 è invece tornato in libreria "Il fiore del male", l'autobiografia di Renato Vallanzasca, scritta a quattro mani con il giornalista Carlo Bonini, pubblicata dalla Marco Tropea Editore.
Nel 2005 è stato presentato anche uno spettacolo teatrale su Vallanzasca, intitolato Settanta Vallanzasca, di Domenico Ferrari e Alessandro Pozzetti.
Quanto alla musica, al personaggio si ispira il nome di un gruppo ska italiano: i Vallanzaska.
Enrico Ruggeri ha scritto la canzone "Inevitabilmente (lettera dal carcere)" che è ispirata alla vita di Vallanzasca. La canzone è stata cantata anche da Fiorella Mannoia.
Viene inoltre citato in un brano di J-Ax, (La notte) Vale tutto, in uno di Emis Killa, Di.Enne.A., in uno di Ted Bee, 500 volt e in un brano di Surfa - Rap Roba Fresh.

Insomma, nonostante il fatto che il Bel Renée abbia compiuto negli anni settanta numerose rapine, sequestri, omicidi ed evasioni, e sia stato condannato, complessivamente, a quattro ergastoli e 295 anni di reclusione, oggi gode della semilibertà e ispira canzoni, film e opere teatrali. L’Italia è una barzelletta che riesce sempre a far ridere.

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dal "Diario della chemio", capitolo 1: una soffocante consapevolezza

AGOSTO 2011
le giornate passano troppo lente, la sensazione dei giorni, delle settimane e dei mesi che passano si fa sentire sempre di più e con loro anche la consapevolezza che tutto è cambiato. una consapevolezza che soffoca e quasi spezza quel poco di positività che ancora ti rimane.
le scuole  tanno per ricominciare, sta per arrivare la tua stagione preferita, l'inverno.
tra un mese avrai finito questi maledettissimi 6 cicili di chemio e potrai riprendere in mano la vita di sempre. da un po di giorni però, sei caduta come in una sorta di depressione, hai lo sguardo perso nel vuoto, sei sempre accovacciata sul tuo letto a pensare a chi sa che ( non che tu possa fare molto altro ma sei comunque meno reattiva del solito), con le braccia piene di lividi ancora freschi delle ultime chemio fatte.  sei pallida, stanca. troppo. l'accumulo dei farmaci ti sta distruggendo.
ti guardi allo specchio, e sei diversa.  si perchè in certi momenti  lo specchio diventa la forma piùcrudele di verità..  non hai piu capelli, ciglia, sopracciglia... non ti senti nemmeno piu bella.

mi viene in mente la frase di un poeta: la morte si sconta vivendo. l'avevo considerata una di quelle cavoltare dei poeti e invece è vero...
sei fragile e piangi in continuazione, hai bisogno di riprendere in mano la tua vita di ragazzina di 16 anni ( ormai quesi 17), vuoi essere semplicemente felice. vuoi poter entrare in ospedale  senza farti bucare milioni e miloni di volte per farti inserire un cavolo di aghetto per la flebo ( in DH sei quella con le vene piu "difficili" di tutti). vuoi riprendere in mano il tuo corpo.
ieri sera  la tua migliore amica ti ha invitato ad uscire con lei perchè svagarti un po ogni tanto ti fa bene ma non hai accettato. sai che non puoi bere ne mangiare niente che non sia rigorosamente cotto a puntino o controllato e ti sentiresti fuori luogo ad uscire con i suoi amici e non poter bere nemmeno un bicchiere di birra in un cavolo di  pub.
i pensieri scorrono inesorabili a questi 4 mesi appena trascorsi, l'unica cosa che ancora ti tiene aggrappata alla realtà è la promessa che ormai ti manca tanto così al traguardo, poi finalmente potrai gridare VITTORIA.


AGOSTO 2012

sono stati mesi durissimi per me e in quel periodo in cui non riuscivo benissimo a gestire le mie emozioni, scrivere un diario come quando ero piccolina, mi aiutava molto.
adesso che lo rileggo riaffiorano piu nitidi  che mai, i ricordi dello scorso anno.
mi ricordo la difficoltà nel proseguire nel mio cammino,  e la grande felicità di una ragazzina che ricomincia a vivere la sua vita di sempre.
che sensazione meravigliosa! sono contenta di essere arrivata fin qui, sono contenta di saper dare un nuovo peso alla vita, di essere piu matura e di avere avuto il coraggio di aprire un blog e condividere con gli altri questa mia  esperienza.
riviverla attraverso i ricordi, attraverso quello che scrivo sul blog, attraverso il mio vecchio diario, mi
aiuta a non mettere  simbolicamente in un ripostiglio vecchio e polveroso,   il passato.
mi ha aiutato ad accettare quello che è successo e si, a volte mi chiedo ancora: perchè aver avvelenato il sangue di una vita cosi piena che stava appena per cominciare?  poi però torno alla realtà e sono felice di aver capito  che le grandi battaglie vinte sono un grande punto di forza e motivazione di crescita nella nostra vita...

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UN FIGLIO PUO’ CURARSI, L’ALTRO NO. QUANDO A SCEGLIERE SONO LE MULTINAZIONALI FARMACEUTICHE



IL CASO ASSURDO DI DUE FRATELLI AMERICANI CON LA STESSA MALATTIA

Austin e Max, due fratellini americani di 13 e 10 anni, hanno la stessa malattia genetica: la distrofia muscolare di Duchenne. Il più piccolo sta lentamente guarendo, mentre il secondo no. Sul loro destino sta decidendo una casa farmaceutica: la  "Sarepta Therapeutics", che ha condannato il primo alla morte con una semplice e-mail.

I PROGRESSI DI MAX - Il più piccolo, Max, grazie a una cura sperimentale riesce a camminare, apre i barattoli e gioca. Tutte cose normali ma impossibili per chi soffre di questa terribile malattia. Il più grande invece, Austin, è inchiodato al letto. Al massimo si muove grazie alla sedia a rotelle. Per lui ogni minima attività, quale ad esempio sollevare un bicchiere d'acqua, è impossibile.
Max sta meglio perché da tempo, circa 52 settimane, viene curato con un farmaco sperimentale a base di "eteplirsen"  e la terapia - non ancora approvata - nel suo caso sta facendo miracoli. Al momento vengono sottoposti al test, come lui, altri 12 ragazzini. Austin purtroppo no. A lui il farmaco non lo danno perché già non riusciva più a camminare e, per questo motivo, non rientrava nei criteri per la sperimentazione. Nonostante le insistenze e i pianti della mamma, Jan Mcnary, non c’è stato nulla da fare: "I dirigenti della casa farmaceutica mi hanno scritto solo di avere empatia per il mio caso", ha raccontato la donna ai giornali americani.
Intanto, secondo quanto si apprende, la condizione di Austin sta precipitando al punto che nei prossimi mesi avrà bisogno di una macchina per aiutarlo a respirare nel sonno. Forse un piccolo sforzo contro quella che sembra un'eccessiva - e rigida - burocrazia potrebbe essere fatto.

QUESTIONI BUROCRATICHE - In una e-mail alla famiglia la casa farmaceutica "Sarepta Therapeutics" ha scritto: "Dare questa medicina non solo ad Austin ma a tutti i bimbi che potrebbero beneficiarne rimane la nostra priorità. Ma ci sono complesse questionifiscali, legali, politiche e di produzione che vanno risolte".

Come al solito in America le lobby farmaceutiche decidono la vita e la morte delle persone. Le parole del candidato repubblicano Romney e gli interessi in seno allo stesso partito democratico, lasciano poco sperare per il futuro.

(Fonte: Il Giornale)

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IN SUDAFRICA E’ TORNATO L’APARTHEID, STRAGE DI MINATORI


SONO IN AGITAZIONE PER CHIEDERE UN AUMENTO DEI SALARI MOLTO BASSI

Sembra il Sudafrica degli anni ’60 quello che stiamo vedendo in Tv in questi giorni. Scene che credevamo ormai archiviate a partire dalla scarcerazione ormai pluriventennale di Nelson Mandela. E invece una settimana fa si è tornato a sparare sui neri, più precisamente, minatori che chiedevano un adeguamento salariale. Molti i morti, per un agitazione ancora in corso.

I FATTI - La polizia sudafricana ha aperto il fuoco sui minatori che protestavano. È successo giovedì della scorsa settimana nei pressi della miniera di platino di Marikana, nella mattinata di giovedì. Sarebbero almeno 34 i morti. Ma già nei giorni precedenti 10 persone, tra cui due poliziotti, erano state uccise in scontri tra sostenitori di due diversi sindacati. I disordini sono in corso da due settimane, quando i lavoratori avevano incrociato le braccia nell'ambito di una disputa sui salari. Lo sciopero è poi degenerato in un conflitto aperto tra i membri dei due sindacati che si fanno concorrenza. Martedì centinaia di minatori si sono radunati nuovamente nei pressi della miniera. Molti di loro erano armati di machete, bastoni e altre armi, e hanno ballato e cantato, osservati da agenti di sicurezza. La polizia ha permesso ai minatori di manifestare, mentre sono in corso negoziati volti a porre fine alla protesta. Poi però la situazione si è fatta sempre più tesa. Temendo di non poter controllare la folla, la polizia ha quindi aperto il fuoco, parlando di “legittima difesa”.

LE RAGIONI DELLA PROTESTA - La miniera è gestita dalla società Lonmin, il terzo più grande produttore di platino del mondo. Nel sito a 100 km da Johannnesburg lavorano oltre 3.000 minatori. Guadagnano in media 400 euro al mese. I sindacati chiedono un aumento pari al triplo della paga attuale. L'azienda non intende cedere, e minaccia licenziamenti di massa.

PLATINO ALLE STELLE - All'indomani della strage dei minatori il prezzo del platino raggiunge i suoi massimi da oltre un mese. Venerdì sulla piazza London Platinum e Palladium Market un'oncia di platino valeva fino a 1.460,99 dollari, il prezzo più alto dal 6 luglio. A fronte di questa escalation di violenze, «gli investitori temono nuovi ostacoli alla produzione nelle miniere di Lonmin, e anche un contagio dei conflitti sociali ai siti di altri produttori di platino nella regione», ha sottolineato il broker Johnson Matthey.
Il Sudafrica è il primo produttore mondiale di platino del pianeta, estraendo circa il 75% dell'offerta mondiale di questo metallo prezioso, il cui principale mercato è l'industria automobilistica.

Probabilmente in Sudafrica è in atto una seconda fase di quella rivoluzione avviata con tenacia e meticolosità da Nelson Mandela, affinché i bianchi colonizzatori riconoscessero i giusti diritti ai neri natii del posto. Oggi il Paese è governato da Jacob Gedleyihlekisa Zuma - Presidente anche dell'African National Congress (ANC, fondato da Mandela), eletto nel 2009 con il 67% dei voti; succedendo Kgalema Motlanthe – e la nuova generazione dei neri sudafricani non si accontenta più dei considerevoli progressi ottenuti in passato dai loro padri, recriminando giustamente nuovi e sacrosanti diritti.  

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ITALIA IN FIAMME, RECORD D’INCENDI


DANNI ENORMI PER FLORA E FAUNA. MA BUONA PARTE DEGLI INCENDI E’ DI ORIGINE DOLOSA

Anche quest’estate l’Italia è andata letteralmente in fumo, con centinaia di incendi al giorno specie al centro-sud.  Quest’anno poi è stato alquanto drammatico, tanto che la Coldiretti ha parlato di un incremento del 74% rispetto allo scorso anno. Ingenti i danni alla flora, con decine di migliaia di ettari di boschi ridotti in cenere, ma a risentirne sono state anche le specie animali. La più colpita sembra essere la Campania, in particolar modo nell’ultima settimana. Buona parte degli incendi è comunque di origine dolosa.

LA MANO DELLA CAMORRA - La giornata di ieri è stata particolarmente nera in Campania, dove sono divampati 32 roghi ma le fiamme hanno interessato anche la Calabria, dove sono stati registrati 27 incendi, la Basilicata con 18, la Toscana con 12 e il Lazio con 11. La province più colpite dalle fiamme sono Salerno con 21 roghi, Matera e Catanzaro con 11, Cosenza con 9, Potenza con 7 e Caserta con 6 incendi.
In Campania sono circa 1.490 gli ettari di vegetazione distrutti dalle fiamme dal primo agosto. E se non è stata risparmiata la Costiera Amalfitana, gravissima è la situazione sui monti Lattari e in particolare sul Faito, costantemente in fiamme da luglio: qui i roghi, che hanno distrutto ettari e ettari di vegetazione, si sono sviluppati in concomitanza delle operazioni di pulizia delle piantagioni di marijuana gestita dalla camorra.
Già, perché nell’area compresa tra i comuni di Castellammare di Stabia, Casola di Napoli, Gragnano e Lettere – dove l’anno scorso sono state sequestrate 20 tonnellate di marijuana e che non a caso è stata designata come il “quadrilatero italiano della cannabis” – gli incendi vengono appiccati secondo un folle ragionamento: se il guadagno da marijuana va in fumo, che si volatilizzino anche alberi e macchia mediterranea così da poter edificare (abusivamente, manco a dirlo) dove si è fatto spazio. Proprio quegli alberi e quella fitta vegetazione nascondono le piantagioni illegali: ettari di terreno demaniale, lungo le falde napoletane e sorrentine, sono coltivate a cannabis da insospettabili contadini e commercianti ortofrutticoli del posto. Sono persone esperte, che conoscono le piante e il terreno, che scelgono i punti del Faito e di altre zone dei Lattari più adatti per il business. E oggi sono piromani, pronti a distruggere quel territorio per ritorsione contro le forze dell’ordine.
Indagini per verificare questa ipotesi sono in corso e nessuno si sbilancia, ma ieri è tornato a farsi sentire il sindaco di Castellamare di Stabia, Luigi Bobbio, chiedendo «un nuovo, forte impegno» delle forze del Corpo forestale per fermare lo scempio.

PROTEZIONE CIVILE IN GINOCCHIO- La Protezione civile è arrivata al “collasso” dei mezzi per fronteggiarli. Ieri il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, ha lanciato l’allarme: «Con i fondi previsti nel 2013 non si potranno garantire i servizi dei canadair contro gli incendi». Per Gabrielli, comunque, quando si interviene con i Canadair è già tardi: il danno provocato dal rogo è ingente. Si deve prima intervenire con una «seria attività di prevenzione» sul territorio. Ma per risolvere il problema alla radice, ha aggiunto, si deve «lavorare più sulla cultura, sul coinvolgimento della gente, è molto più faticoso ma molto più concreto».

LA STRAGE DI ANIMALI - Una strage di 14 milioni di animali per gli incendi nei boschi. E' quella denunciata da Coldiretti in un'analisi sui danni causati alla biodiversità del patrimonio forestale dai 6.200 roghi (+74%) divampati dall'inizio dell'anno su circa 35mila ettari di terreno. Le vittime sono "mammiferi, uccelli e rettili che popolavano i boschi andati in fumo, dove peraltro sono migliaia le varietà vegetali danneggiate, come i boschi di querce, faggio, castagno, cerro, ma anche i funghi e le erbe aromatiche".
"Gli incendi - sottolinea l'organizzazione agricola - hanno causato danni incalcolabili dal punto di vista ambientale, dovuti alla perdita di biodiversità (distrutte piante e uccisi animali) e alla distruzione di ampie aree di bosco, che sono i polmoni verdi del paese e concorrono ad assorbire l'anidride carbonica responsabile dei cambiamenti climatici". Ogni ettaro di macchia mediterranea "è popolato in media da 400 animali tra mammiferi, uccelli e rettili, ma anche da una grande varietà di vegetali che a seguito degli incendi sono andate perse".

A distruggere il nostro immenso patrimonio naturale ci pensano dunque anche gli incendi, in maggioranza appiccati da criminali mossi da interessi edilizi. In Italia il grigio sta prendendo sempre più il posto del verde; metafora questa di un Paese che cede sempre più il passo all’incertezza ai danni della speranza.

(Fonti: Rainews24, Avvenire)  
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CARENZA DI LITIO? NO, CARENZA DI BUONSENSO.

LETTERA

 
Salve, mi sono imbattuto su un forum dove ho denunciato i metodi della Psichiatria.
Siccome è solamente da pochi mesi che sono diventato vegano e che seguo l'Igienismo naturale, purtroppo sono poco preparato sull'Igienismo, per cui le chiedo gentilmente un consiglio su come rispondere e confutare la tesi di un utente del forum suddetto, il quale afferma:
"Quando le cause sono neurologiche, scompensi chimici di vario tipo, che ci vuoi fare con le parole?
Hai mai avuto modo di vedere cosa può causare una carenza di litio nel cervello di una persona?
Di fronte a patologie di natura fisica la psicologia è del tutto inutile. Sarebbe come voler curare l'alzaimer con la psicologia.
In questi casi, anche se ancora siamo molto lontani dalla perfezione, è di gran lunga preferibile una cura farmacologica che per quanto non porti la persona ad uno stato di "normalità", quantomeno gli permette di vivere in un modo accettabile.
Il non usare i farmaci, in questo caso, può arrivare a portare la persona a stati vegetativi, se non peggio.
Come la fermi una crisi psicotica, dove la persona è pericolosa per se e per gli altri?
Un malato in "crisi psichiatrica" oggi come oggi non è trattabile con null'altro che un approccio farmacologico, almeno in una prima fase.
Per quanto siano ancora ben lontani dal "guarire" il paziente, sono l'unico mezzo esistente (e funzionante).
Di fronte ad una disfunzione celebrale (tale è la carenza di litio o di alcuni neurotrasmettitori) c'è poco da fare purtroppo, diventa necessario agire cercando di riequilibrare tali carenze.
Questo ovviamente per quanto riguarda un approccio corretto da parte della psichiatria.
Gli abomini delle cliniche psichiatriche statali venuti recentemente alla luce sono tutt'altra cosa, così come l'eventualità che alcune case farmaceutiche possano non immettere sul mercato farmaci migliori per motivazioni economiche."
Mi rivolgo a lei perchè è una persona preparata in materia.
Complimenti per il suo blog.
Grazie, cordiali saluti.
F.to Giuseppe M.
 RISPOSTA
Buonasera Giuseppe,
dopo un'intera giornata di duro lavoro non potevo non rispondere a questa mail.
Troppo importanti gli argomenti da confutare.
Anzitutto complimenti per il percorso vegano e igienista, l'unica strada possibile al giorno d'oggi per riacquistare e mantenere la propria salute psicofisica.
Ora veniamo ai lobotomizzati super-sfegatati-fan del litio.
Ribatto punto per punto:

1) Concordo sul fatto che la psicoterapia non sia assolutamente risolutiva nella maggior parte dei disturbi di tipo psichiatrico.
Se ad esempio non riesco a smettere di controllare se ho o meno chiuso il rubinetto del gas, un adeguato supporto psicoterapeutico attraverso la TCC può aiutarmi a frenare determinate compulsioni, ma non risolve il problema alla radice, e cioè la motivazione VERA per cui non riesco a smettere di pensare se ho o meno chiuso il gas.
Questo significa che un cervello "normale" NON deve cadere in questo o altri similari vortici di pensieri.
L'errore madornale che viene fatto è però dare la colpa a "non precisati squilibri chimici", come se il cervello fosse una entità staccata dal resto del corpo, mentre invece ne è parte integrante.
Quindi, il litio, che è oltretutto un minerale epatossico, e qualunque psicofarmaco esistente sul mercato non fanno altro che mascherare una situazione, come mettere un coperchio su una pentola a pressione che sta per esplodere.
È da folli prescrivere il litio o qualunque tipo di psicofarmaco senza aver investigato e compreso la RAGIONE per cui il cervello sta malfunzionando.
E quindi la psicoterapia deve essere utilizzata esclusivamente quando si ha la certezza che qualunque altra causa fisica alla base dei disturbi che si manifestano sia stata esclusa.
Nessuno di noi è nato per rimanere aggrappato a un altro essere chiamato "psicologo"; ma è anche vero che alcuni eventi stressanti della vita possono essere meglio superati parlando, sfogandosi, anche con l'aiuto di chi ha esperienza in materia.
Concordo quindi che l'Alzheimer non si cura con la psicoterapia, ma neanche la maggior parte delle depressioni, degli attacchi di panico, dei disturbi d'ansia, dei disturbi ossessivo-compulsivi, per non parlare poi delle psicosi e delle schizofrenie.
E di certo NESSUNA patologia che manifesti sintomatologia psichiatrica deve essere curato con il litio o qualunque altra sostanza tossica denominata "psicofarmaco".
Sono pagliativi, per usare un eufemismo. Pillole che nella migliore delle ipotesi creano un falso stato di benessere destinato a durare poco e con pesantissimi effetti collaterali che possono arrivare alle urgenza omicidiarie/suicidiarie; che invece, nella peggiore delle ipotesi, ti distruggono senza neanche averti dato un breve periodo di finto benessere. Meglio drogarsi illegalmente allora.

2) Se ho mai visto una persona come sta senza litio?

.....Il problema non è il litio, il problema è capire la motivazione per cui una persona manifesta un disturbo psichiatrico. Il problema non è la farsa della carenza di litio, ma la motivazione per cui l'organismo sta funzionando male.
Il litio maschera il vero problema, dando una parvenza di normalità, destinata a durare poco, e anche pochissimo quando il suddetto minerale viene sospeso...un po' come facevano nel Medioevo, dove per curare l'anemia ti portavano nei macelli, tagliavano la gola alla mucca e ti facevano fare il pieno di ferro. Sì, di un ferro incompatibile con l'organismo umano-vegano, ma che a causa dei suoi effetti dopanti dava una parvenza di guarigione, effimera, e destinata a durare pochissimo.

3) Il non usare farmaci porta la persona a uno stato vegetativo?

Balle, tutte palle, grosse come una casa.
Il non usare farmaci non maschera una situazione, che quindi continua a perseverare.
Se ad esempio mangio proteine animali dalla mattina alla sera e quindi mi ammalo di diabete, la mancata regolazione della glicemia porta a evidenti sintomi psichiatrici, come la voglia di isolamento.
Quindi, fino a quando non scardino il circolo vizioso della glicemia ballerina causata dalla mala alimentazione, il problema sussisterà.
Posso mascherarlo con un bel mix di antidepressivi, ma rimarrà sempre latente, con in più il problema di dover assumere sostanze tossiche che creano potente assuefazione e tolleranza.

4) Come la fermi una crisi psicotica?

Non certo con lo Zyprexa, con l'Haldol, con il Serenase.
La fermo con la zucca, con l'intelligenza, con l'amore, con la dedizione, con la voglia di capire cosa stia succedendo.
Ecco che il progetto di un C.E.P. (Centro di Emergenza Psichiatrica), che porterei avanti domani stesso se avessi i fondi necessari, sarebbe perfetto.
Luoghi in cui si viene accolti, contenuti anche con la forza se necessario, ma senza nessuna interferenza di tipo farmacologico. Con la successiva osservazione per scandagliare le possibili cause fisiche, portando il paziente a riappriopriarsi della propria vita anche attraverso un'alimentazione e uno stile di vita compatibili con la nostra conformazione vegana.
Chiunque dica che l'alimentazione gioca un ruolo marginale nello sviluppo di disturbi psichiatrici è un bugiardo o un ignorante.

5) Per quanto siano ancora ben lontani dal "guarire" il paziente, sono l'unico mezzo esistente (e funzionante).

Gli psicofarmaci NON funzionano. È davanti agli occhi di tutti.
Farti venire il sorrisino da ebete facendoti ammosciare il pisello non significa funzionare. E questo quando le cose vanno bene...
Almeno qui ammettono che la psichiatria non guarisce proprio nessuno. La psichiatria, come scritto nel mio libro in fase di ultimazione, fa "contenimento sociale".

6) Di fronte ad una disfunzione celebrale (tale è la carenza di litio o di alcuni neurotrasmettitori) c'è poco da fare purtroppo, diventa necessario agire cercando di riequilibrare tali carenze.
Questo ovviamente per quanto riguarda un approccio corretto da parte della psichiatria.

Ancora con sta boiata dei neurotrasmettitori....
Il cervello è un organo irrorato dal sangue...e la maggior parte delle sostanze utili al suo buon funzionamento si creano nell'intestino....
Quindi un intestino marcio porta un cervello marcio, non ci sono santi.
Quindi piantiamola con ste boiate dei neurotrasmettitori nella testa che non funzionano per chissà quale carenza: è la tossemia interna la causa di tutto.

7) Gli abomini delle cliniche psichiatriche statali venuti recentemente alla luce sono tutt'altra cosa, così come l'eventualità che alcune case farmaceutiche possano non immettere sul mercato farmaci migliori per motivazioni economiche.

E qui mi faccio quattro sonore risate: le case farmaceutiche sanno molto bene quanto deleteri siano gli psicofarmaci (ma li hanno sviluppati con furbizia e intelligenza criminale, poiché, come le droghe di strada, riescono a darti una parvenza di guarigione), e il business che gli gira intorno supera ampiamente i risarcimenti danni che le class action americane costringono loro a sborsare per i danni irreparabili causati dal loro utilizzo.
Anche senza parlare delle allucinanti condizioni in cui sono trattati i pazienti degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari), basta andare in un lindo e pulito studio di un qualunque psichiatra privato.
Il risultato è lo stesso: la devastazione e il rincoglionimento sono garantiti, ma nella pulizia e nella perfetta educazione di chi vi riceve.

La conclusione è solo una, e va la faccio attraverso un bell'elenco:
-Zyprexa, antipsicotico: vi calma la crisi, vi ottunde completamente le emozioni, vi fa ingrassare di venti-trenta chili impossibili quasi da smaltire, vi fa venire il diabete, ma per la psichitria siete GUARITI
-Prozac et similar: vi fa venire un sorriso da ebete, vi fa vedere (per poco) il mondo bello, e in cambio chiede la vostra vita sessuale, azzerandola completamente. Provate a toglierlo senza scalare: vi butterete dalla finestra. E se decidete di scalarlo, preparati a scosse elettriche, incubi, attacchi di panico allucinanti. E sperate che non vi faccia sterminare la vostra famiglia.
-Paxil et similar: come sopra, ma con l'aggiunta che la paroxetina è la molecola più ostica da eliminare tra tutti gli psicofarmaci esistenti.
-Deniban: vi alza dal letto in un minuto, come una striscia di coca, ma poi vi fa aumentare la prolettina e fa crescere le tette agli uomini. Provate a toglierlo, e tornerete nella depressione più nera
Serenase et neurolettici vari: zombie-style. La terra dei morti viventi esiste sul serio.

Ricordate, la malattia mentale, intesa come la intendono gli psichiatri, non esiste.
Ripulite il fisico, e la mente vi verrà dietro. Provare per credere
 

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RITORNIAMO SUI DENTI DEVITALIZZATI

LETTERA

Ciao sono pino, ma la soluzione???' asportarli???? dopo bisogna anche rimpiazzarli con dei cloni?? cosa fare mi dica lei ,la ringrazio la seguo sempre un suo fan,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,


RISPOSTA

Ciao Pino,
grazie di seguirmi con affetto e dedizione, spero di essere sempre all'altezza delle vostre aspettative.
Senza se e senza ma, come sempre.
Una parte morta in cancrena va asportata, presto o tardi.
Sicuramente un dente appena devitalizzato farà sicuramente meno male di uno devitalizzato da anni, ma è un po' come fumare: alla fine tutti i nodi vengono al pettine.
Quindi, il mio consiglio rimane, che se se ne hanno pochi, procedere con gradualità alla loro sostituzione con l'impianto (e non il ponte che costa meno ma va ad intaccare anche i due denti sani vicini).
Mentre se ce ne sono molti, si può cominciare a eliminare quelli più vecchi con gradualità.
Il mio messaggio è che è meglio avere dieci denti finti piuttosto che dieci denti devitalizzati.

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ALAIN DELON, FASCINO E TALENTO


CON LA SUA CARRIERA L’ATTORE FRANCESE HA DIMOSTRATO DI AVER AVUTO SUCCESSO NON SOLO COME SEX SYMBOL

Alain Delon è passato alla storia del Cinema soprattutto come seduttore e sex symbol degli anni 60-70. Una considerazione riduttiva ed errata, giacché l’attore francese ha interpretato sempre egregiamente i ruoli affidatigli, spesso in Commedie neppure facili.

LA DIFFICILE GIOVINEZZA – Alain Delon nasce Sceaux, il 8 novembre 1935. A soli 4 anni i genitori si separano e finisce in un collegio cattolico. Ha un carattere ribelle e per questo motivo è costretto a cambiare diversi istituti. A 14 anni lascia la scuola lavorando per qualche tempo nella macelleria del patrigno. A 17 anni si arruola nella marina francese, e segnatamente in un battaglione di paracadutisti della fanteria di marina e destinato nel sud est asiatico, nell'ambito del corpo di spedizione militare francese in Indocina combattendo in quella che e' la prima guerra del Vietnam. Al momento del congedo, dopo 5 anni, ha totalizzato ben 11 mesi complessivi di prigione per indisciplina.
Tornato in Francia deve affrontare una situazione di ristrettezza economica svolgendo i lavori più disparati quali il facchino, il commesso, il cameriere, finché la sua bellezza candida ed al tempo stesso glaciale viene notata da Yves Allegret.

I PRIMI FILM NEGLI ANNI ‘ 50– Quest’ultimo lo fa esordire nel film Godot (1958). Nello stesso anno entra nel film Fatti bella e taci, duetta per la prima volta con Jean-Paul Belmondo – con il quale ci sarà una profonda rivalità specie negli anni ’70 - e gira L'amante pura (Christine), grazie al quale conosce Romy Schneider con cui avrà una lunga relazione sentimentale.

LA CONSACRAZIONE NEGLI ANNI ‘ 60- L'incontro con Luchino Visconti è una tappa fondamentale per la consacrazione internazionale. Nel 1960 infatti è uno dei protagonisti del capolavoro del regista italiano Rocco e i suoi fratelli, ove incarna un personaggio puro e tollerante, così lontano da quelli che diventeranno i suoi ruoli tipici.
In questo periodo partecipa ad opere di grande spessore artistico, lavorando con Michelangelo Antonioni ne L'eclisse (1961), René Clément nella commedia Che gioia vivere (1961) e nuovamente con Visconti nei panni di Tancredi ne Il Gattopardo (1964). Seguiranno Colpo grosso al casinò (1963) di Henri Verneuil al fianco di Jean Gabin, Il tulipano nero di Christian Jaque e Crisantemi per un delitto (1964) di Clément. Ulteriori pellicole negli stessi anni sono: Tre passi nel delirio nell'episodio William Wilson diretto da Louis Malle (1967), ed il kolossal Parigi brucia? (1966) ancora di Clément.
Ormai affermato e molto popolare, Delon inizia a girare quasi esclusivamente film "polar" (un genere ibrido fra poliziesco e noir), ritagliandosi il classico personaggio di duro hard boiled, affascinante e dal destino spesso segnato, indipendentemente dall'appartenenza ora alla malavita ora alla polizia. Offre così una delle sue migliori interpretazioni nel capolavoro di Melville, Frank Costello faccia d'angelo (1967) e notevoli sono le prove ne Il clan dei Siciliani di Verneuil (1969). Non mancano di contro recitazioni di maniera, come Addio Jeff 1968 e La piscina (1968).
Nello stesso anno è coinvolto nelle indagini sul misterioso omicidio della sua guardia del corpo. Una storia che svela retroscena di sesso e droga nel suo entourage e che finisce per accrescerne la fama di attore difficile.

ANNI ’70, DAL NOIR AI POLIZIESCHI- È il momento di Borsalino (1970), di Jacques Deray, film che incontra il favore del pubblico grazie all'accoppiata con Belmondo; il noir I senza nome (1970) di Melville, opera riscoperta dalla critica negli anni novanta.
Con Daniele Dominici in La prima notte di quiete (1972) di Valerio Zurlini, Delon ritrova interesse per il cinema d'autore, impersonando ruoli complessi ne L'assassinio di Trotsky (1972) e Mr. Klein (1976), entrambi di Joseph Losey.
Dalla metà degli anni settanta l'attore francese recita quasi esclusivamente o in polizieschi violenti, in cui i caratteri divengono sempre più stereotipati e monocordi (Morte di una carogna del 1977), oppure in produzioni internazionali di minore rilievo (Airport '80 1979).

LA FLESSIONE A PARTIRE DAGLI ANNI ’80 - Negli anni ottanta prende parte a Notre Histoire (1985) di Bertrand Blier, per cui riceve l'unico e tardivo premio César in carriera come miglior attore protagonista. Gira insieme all'attrice italiana Dalila Di Lazzaro il film Tre uomini da abbattere per la regia di Jacques Deray.
Seguono le partecipazioni in Nouvelle vague di Jean-Luc Godard (1991), e l'ironico Uno dei due (1998) di Patrice Leconte, nuovamente al fianco di Belmondo. Comunque negli anni novanta Delon lavora soprattutto per il teatro e la televisione.

GLI ANNI 2000 E LA DEPRESSIONE- Nel 2005, in concomitanza con la crisi sentimentale e la separazione dalla compagna da cui ha avuto due figli, Delon rivela alla stampa la sua lotta contro la depressione, malattia che lo ha portato sull'orlo del suicidio.
Nel medesimo anno riceve la Legione d'onore dalle mani del presidente Jacques Chirac, per il suo contributo all'arte cinematografica mondiale.
Nel 2008 torna al cinema interpretando con autoironia Giulio Cesare in Asterix alle Olimpiadi.

PREMI E RICONOSCIMENTI – Ha ricevuto: un David di Donatello nel 1972, un Premio César nel 1985 e un Orso d’oro alla carriera al Festival di Berlino 1995.

(Fonte: Wikipedia)
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